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Sul 41 bis lo Stato non apra un conflitto con se stesso

Opinionista: 

È il giorno della verità. Oggi la Cassazione è chiamata ad esprimersi sulla revoca del 41 bis all’anarchico Alfredo Cospito: l’auspicio è che non si apra una gravissima crisi istituzionale ai vertici dello Stato. Dopo che il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha confermato la necessità del carcere duro, ribadendo che nessun elemento nuovo è intervenuto per revocare o attenuare il regime speciale al terrorista in sciopero della fame, ma che anzi la sua pericolosità è addirittura aumentata, se la Suprema Corte smentisse questa impostazione si aprirebbe inevitabilmente un conflitto al massimo livello delle istituzioni. E a guadagnarne sarebbero soltanto la confusione nello Stato e gli estremisti rossi. In questo senso non depone per nulla bene la requisitoria del Procuratore generale della Cassazione, che ha chiesto ai giudici di annullare il 41 bis “con rinvio” per un nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza, che peraltro aveva già respinto l’analoga richiesta della difesa del condannato. La sostanza alla base del ragionamento del Pg è che non ci sarebbe prova che Cospito sia il capo degli anarchici. Cosa si aspetta? Di trovare forse il suo nome in un atto notarile dello Statuto di qualche organizzazione anarchica? Si tratta di un argomentazione che fa sorgere il dubbio che di anarchia e anarchici si sappia poco. A cominciare dal fatto che da quelle parti il rifiuto e il disconoscimento dello Stato e delle sue regole sono la premessa di qualsiasi ragionamento. La leadership anarchica non è qualcosa che si formalizza in elezioni, voti o Comitati direttivi, ma con l’esempio dell’azione sul campo. E Cospito, con lo sciopero della fame e i proclami sul suo corpo usato «come un’arma», diventa leader non solo degli anarchici italiani ma a livello internazionale, come dimostrano le decine di iniziative e manifestazioni più o meno violente fatte in suo nome in giro per l’Europa e non solo. Né vale il ragionamento minimizzatore di chi dice che in fondo si tratta di una piccola minoranza di sovversivi. Basti ricordare che le Nuove Br erano ancora più minoritarie, eppure ciò non gli impedì di uccidere Marco Biagi e Massimo D’Antona. La pietà per le condizioni di salute di Cospito, per altro in miglioramento dopo che è tornato ad assumere gli integratori, non può diventare il grimaldello per scardinare il 41 bis. Sarebbe gravissimo, e chi lo facesse ne porterebbe la responsabilità, soprattutto perché dalla scelta di rifiutare il cibo non si può far discendere una deroga al regime carcerario speciale. Se ci si comportasse in questo modo, come ha ricordato lo stesso Nordio, si aprirebbe la strada a centinaia di mafiosi che sono al 41 bis, e che potrebbero adottare la stessa strategia per ottenere l’uscita dal carcere duro. Siamo dunque di fronte ad un ricatto: l’estremista rosso non sta male perché lo Stato lo sta torturando o non gli sta garantendo cure adeguate. Al contrario: sta male perché rifiuta il cibo e lo Stato sta facendo di tutto per garantirgli l’assistenza sanitaria necessaria. Al punto da averlo trasferito finanche in ospedale. È bene rammentare, infatti, che il 41 bis non è un aggravamento della pena, ma un regime differenziato di detenzione: Falcone e Borsellino lo vollero per impedire collegamenti con le organizzazioni criminali di appartenenza. Ricordiamo che Cospito è stato condannato come esponente della Fai-Fri, Federazione anarchica informale-Fronte rivoluzionario internazionale, riconosciuta fino in Cassazione come associazione terroristica. L’istituto del 41 bis è imprescindibile per la lotta alla mafia e al terrorismo, perché ostacola la trasmissione dei messaggi e rompe i legami tra detenuto e organizzazione criminale. Semmai andrebbe rafforzato, soprattutto alla luce dei buchi dimostrati in questi anni. Questa storia va chiusa al più presto. E c’è un solo modo per farlo: confermare che lo Stato è uno solo. E non cede ai ricatti.