Sul Recovery “duello” tra Carfagna e Viesti
Più che legittimo il sollievo (contenuto, non esibito) del premier Mario Draghi quando la Commissione europea ha approvato, senza contestare o “rinviare”, il Pnrr (acronimo famoso che sta per Piano nazionale di resilienza e resistenza). L’Italia, smentendo l’inveterato “modus agendi”, non è arrivata a Bruxelles né in ritardo né con l’affanno della “zona Cesarini”. Motivo di orgoglio, dice il Presidente del Consiglio, “per la stretta collaborazione all’interno del Governo e tra i Ministeri, col coinvolgimento degli Enti territoriali e delle parti sociali”. Come avviene con eventi particolarmente decisivi, chiuso un capitolo se ne apre subito un altro non meno rilevante: discussioni non sterili, finalizzate a chiarire sempre più e meglio almeno due punti: reale entità delle cifre “movimentate” e contributo dei “poteri” locali alla definizione delle “strategiche scelte”.
*** AL TEMPO DEL PIANO MARSHALL. Dopo il 2 giugno ’46 (dal referendum nacque la Repubblica), l’orizzonte della ricostruzione post bellica è pieno di drammatiche difficoltà e insidie. L’Italia, come gran parte dell’Europa, non ha nemmeno i mezzi minimi per muovere i primi passi. Dagli Stati Uniti viene un aiuto straordinario (oggi si userebbe l’orribile “endorsement”): l’European Recovery Programm:14 miliardi di dollari da spendere in 4 anni. Porta il nome di George Marshall, segretario di Stato americano. Nel 1948 sono previste in Italia le elezioni politiche generali e il clima è molto teso. L’anno prima Alcide De Gasperi, a capo di un Governo di coalizione (Dc, Pci, Psi, Partito democratico del lavoro), era andato a Washington ricevuto “senza trombe e tappeti rossi”. Dalla Casa Bianca esce, tuttavia, con un ulteriore “premio di incoraggiamento” di 150 milioni di dollari.
*** POLEMICHE e DIVISIONI. ”Annus horribilis” il 1947 sotto il profilo politico. Gli ambienti economico-finanziari sono impegnati col Piano Marshall, mentre i partiti se la vedono con laceranti fibrillazioni (ci sono “guerra fredda” e “cortina di ferro”). L’America s’aspetta che De Gasperi acceleri l’uscita dei comunisti dal Governo, Giuseppe Saragat rompe a sua volta coi socialisti fondando a Palazzo Barberini il Partito socialdemocratico. Pietro Nenni, ministro degli Esteri, quando accoglie De Gasperi che rientra dagli Usa, lo annota come “totalmente cambiato”. A tutto campo la critica del leader socialista: l’uscita della Sinistra dal Governo vìola la “rivoluzione popolare”, l’inflazione monetaria ricade solo sulle masse meno abbienti, penalizzate le esportazioni dei nostri prodotti, accentuata la dipendenza dell’Italia dagli Stati Uniti.
*** DA DE GASPERI A DRAGHI. Ieri dopoguerra e ricostruzione, oggi Covid col drammatico rischio salute per tutti (in Italia quasi 128 mila vittime). Piano Marshall 74 anni fa, Recovery adesso con il Governo dell’ex Presidente della Bce in carica da febbraio scorso. Tra poco (settembre?) al voto grandi città (Torino, Trieste, Milano, Bologna, Roma, Napoli), mentre sta per scattare il “semestre bianco” e si avvicina l’elezione per il Quirinale. Il dibattito è incentrato, giustamente, su “dubbi e riserve” riguardanti il Piano (specie la credibilità dei fondi). Capitolo a sé la polemica tra Mara Carfagna e l’economista Gianfranco Viesti. Sono personaggi e voci autorevoli: lei, salernitana, ministro per il Sud e la Coesione nazionale (già responsabile delle Pari Opportunità e vice Presidente della Camera); lui, barese, di formazione bocconiana e cattedratico, autore di libri apprezzati come “Il Sud vive sulle spalle dell’Italia che produce”, seguito da un “Falso!” come un grido a pieni polmoni. In una intervista del 9 luglio, Mara Carfagna afferma che “il capitolo Sud del Piano è solido e che gli 82 miliardi e il 40 per cento delle risorse territorializzabili non sono un’astrazione” rispondendo così, “non senza amarezza e irritazione”, ai dubbi dell’economista pugliese. A sua volta, alcuni giorni dopo, Gianfranco Viesti scrive al “Roma” precisando di non aver mai parlato di “fondi astrazione” e che i suoi rilievi, sulla gestione, erano solo “molto tecnici”.
*** DICEVA CICERONE: ”Numerus Rei Pubblicae fundamentum”. Sui numeri non si possono avere dubbi. È bene che Carfagna e Viesti non smettano di “duellare”, a distanza o in presenza, in nome della verità.