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Tra i neologismi del tempo perduto

Opinionista: 

La sfida della parola si compie, sistematicamente, ogni anno. Illustri e compendiose strutture editoriali affrontano il duello del nuovo dizionario contemporaneo. Un modo per fotografare il planetario del linguaggio italico, tenendo conto delle parole più o meno trendy ma, soprattutto, provando a individuare quelle che cadono in disuso, rischiando di restare ghettizzate, emarginate nella lingua di tutti i giorni. Parole da salvare. Ma è un magma confuso. Basta poco, una canzone di successo, il titolo di una nuova trasmissione televisiva, un improvviso richiamo alla cronaca per riproporre e dare nuovo slancio e presenza ad un termine magari dimenticato da anni. Qual è il modo per difendersi da questa altalena rugginosa di vocaboli ? Semplice, inventarsi, per quel che si può, un proprio, autonomo dizionario, privo di aderenze reali con l’originale ma funzionale ai propri obiettivi linguistici. Mettere queste parole in circuito è come lanciare un amo sottile. Non sappiamo se qualcuno abboccherà, se otterrà il favore della gente. Ma val la pena provare, anche perché non costa nulla. Incentivando quel termine con un articolo, una riflessione da pubblicare su qualche spazio, riportandolo nel meccanismo del dialogo di tutti i giorni. Per poi attendere. Con la speranza che qualcuno segua quella lenza e si lasci suggestionare. Qualche lettore chiederà giustamente qualche chiarimento, vorrà capire, con qualche esempio, quale sia il tratto di questo nuovo corso. Proveremo, quindi, a sedurlo con parole inedite, composte da noi, come rincagli (ostacoli di fronte ai quali ci si trova con una certa costanza), sboldrirsi (lasciarsi andare, accovacciarsi sul proprio presente), baccariare (perdere tempo per non arrivare al risultato). Sono sperimentazioni linguistiche che un significativo ventaglio di intellettuali, giornalisti, scrittori porta avanti da anni, talvolta con eccellenti risultati. Ma è una battaglia complessa. Molti ricorderanno il famoso “petaloso“, coniato, con assoluto candore, da un bambino per descrivere quella morbidezza, quella sostanziale inconsistenza, paragonabile a un petalo. Nonostante l’ampio tam-tam mediatico, il neologismo è rimasto al palo, restando fuori da ogni dizionario, marchiato dal timbro distintivo di “parola non usata nel linguaggio corrente“. Perché i labirinti del successo, in questo ambito, restano spesso incerti e indecifrabili. Perché anche il sostegno dei media può non bastare per raggiungere il traguardo finale. Mentre conta invece, probabilmente, anche il fascino, la musicalità o l’improvviso fatto di cronaca che chiama in causa una parola nuova. Come per femminicidio, migranti, tracimare, trascinate a viva forza nel grande fiume del linguaggio. E questo strano, meraviglioso fluire passa tutti i giorni sotto i nostri occhi, spingendoci quasi involontariamente a scegliere e valutare, magari consegnando al successo una parola più che un’altra. Catalogando, indirettamente, anche i neologismi del tempo perduto.