Tragedia immigrati e diritto d’asilo
Qualcuno l’aveva previsto. Alyan non fa più notizia. Certamente l’immagine del bimbo siriano morto su una spiaggia della Turchia rimarrà scolpita nella memoria storica dell’umanità. Uso volutamente questa espressione Perché la memoria dell’individuo, specialmente dell’individuo dell’era globalizzata, è talmente bombardata dal profluvio delle immagini da renderle nel tempo breve evanescenti e sfocate. Infatti, quasi più nessuno oggi ne parla e la notizia di ieri della bambina siriana di 4 anni morta su una spiaggia turca è stata relegata nelle pagine di cronaca. Ma c’è una memoria della storia che è affidata non solo ai libri, ai film, ai documentari, alle raccolte di testimonianze, ma ad una sensibilità collettiva, non importa se minoritaria, che collega l’immagine al contesto storico, culturale, politico-sociale. Questa memoria continua a ricordare e ad attivare la capacità della ragione critica. Quella foto che ha smosso la leadership tedesca dal rifiuto di ogni politica di accoglienza alle dichiarazioni di senso contrario e all’apertura delle frontiere (per poi richiuderle in attesa dell’attrezzarsi nei paesi di primo arrivo dei cosiddetti hot spot) è il punto di avvio di una possibile riflessione collettiva su un conflitto – come ha osservato il filosofo francese Balibar – che va ben oltre le frontiere. Si potrà dire, come si è detto per molti versi giustamente, che la Merkel ha agito per motivi economici e sociali (l’immissione di manodopera qualificata e l’incombere della grave crisi demografica), ma ciò non toglie che sia stato messo all’ordine del giorno della politica europea la costituzionalità del diritto d’asilo e il problema di cosa possa essere per il futuro l’identità europea. Ciò che alcune grandi nazioni europee, la Francia e l’Inghilterra innanzitutto, mi sembra stiano trascurando e pericolosamente sottovalutando è la concreta ipotesi di costituzione di un trasversale partito xenofobo e razzista a livello europeo. Oggi non siamo più nella fase dell’allargamento dell’Europa a nuovi membri e a nuovi Stati, ma in quella dell’ingresso in Europa di milioni di migranti destinati a diventare suoi nuovi cittadini al cospetto di una grave crisi demografica. Ciò, sostiene ancora a ragione Balibar, è destinato a provocare un allargamento politico che costringerà i paesi europei di tradizione democratica a riscrivere la carta dei diritti umani. E’ venuto il momento di costruire, politicamente e giuridicamente, un processo di costituzione di una cittadinanza europea – fatta naturalmente non solo di diritti ma anche di doveri - che tolga dall’anonimato e dalla ghettizzazione milioni di persone che stanno venendo e verranno sempre più numerosi in Europa. E dovrà, innanzitutto, trovare forme comuni di garanzia, non solo umanitaria e solidale, ma innanzitutto politica e giuridica, della libera circolazione delle persone. Ma tutto questo, sempre che l’Europa e in generale il mondo occidentale (oltra alla Russia di Putin che difende i suoi interessi di potenza militare in Siria) sappiano fronteggiare e risolvere la più grande guerra civile dopo la seconda guerra mondiale. Come ha detto Umberto Eco dalle colonne de l’Espresso, sta nascendo una nuova religiosità, che non solo si enuncia a parole ma si pratica nella realtà, quella della solidarietà (e dell’altruismo aggiungerei io). Eco, riprendendo una osservazione di Mario Calabresi, ha giustamente osservato che una foto da sola non provoca una generale sollevazione dell’opinione pubblica, ma certamente contribuisce a che si giunga a un tal punto di accumulo di sentimenti di solidarietà e di ribellione, da innescare la generale sollevazione delle coscienze civili europee.
P.S. Uno studio dell’Ocse del 2013 ha stabilito che il contributo degli immigrati in fatto di tasse è superiore a quanto ricevono in aiuti.