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Trasporti pubblici: peggio del Far West

Opinionista: 

Si sa dove si sale, ma non dove si scende e in quali condizioni. Su autobus e treni del nostro territorio succede di tutto. Ogni giorno un’avventura. Per tutti vale il libro del maestro Marcello D’Orta “Io, speriamo che me la cavo”. Erano più sicure le diligenze del vecchio West. Ora alla Cumana può succedere di tutto: treni che deragliano per errori di manovra o di scambio, binari malfermi che traballano. Non meglio alla Circumflegrea dove, in qualche stazione, i passeggeri possono rimanere bloccati per ore fin quando non arrivano i vigili del fuoco a liberarli. Facile il sarcasmo da parte del presidente della Regione De Luca: «Con tutti questi disastri, tra poco cammineremo a piedi!». Il presidente dell’Eav, Umberto de Gregorio, annuncia un’indagine interna. Deraglierà anch’essa? *** Se a ovest si piange, a est non si ride. Anzi, alla Vesuviana ogni giorno è un’attesa stressante. Non c’è sicurezza di corse, non si sa quando i treni arrivano e quando, e se, possono ripartire. In un sol giorno bloccati 34 viaggi. E quando finalmente si è a bordo, tutto può succedere: guasti alla linea aerea, fiamme e fumo intossicante nei vagoni, assalti di teppisti e rapinatori, violenze di ogni tipo. Lontani i tempi in cui la Vesuviana era un gioiello di ferrovia ai piedi del vulcano. Così ne scriveva, nei suoi elzeviri sulle pagine letterarie dei più importanti giornali italiani, la scrittrice Clotilde Marghieri. Così la ricordavano Michele Prisco (che grazie alla Vesuviana aveva potuto organizzare, al Lido Azzurro di Torre Annunziata, il ciclo dei Giovedì Letterari) e Maria Orsini Natale, narratrice visceralmente legata alle potenzialità del “suo” territorio vesuviano. *** Si vive di speranza. La presenza di militari potrebbe ridare fiducia ai viaggiatori. I promessi 25 nuovi treni e i 300 nuovi bus non dovrebbero però perdersi per strada. I 140 chilometri di binari della metropolitana di superficie non dovrebbero impattarsi con i passaggi a livello esistenti. La Tav-Vesuvio est dovrebbe finalmente dare respiro ai comuni dell’altra faccia, quella interna, del vulcano. Ma per ogni progetto c’è il bisogno incombente di fare presto. L’Italia anche per questo è divisa in due. Nelle stazioni del Centro- Nord un treno ogni tre minuti, in quelle del Sud non si può stare con l’orologio alla mano. Sarebbe solo tempo perso. Troppi “colli di bottiglia”, troppe sovrapposizioni fra alta velocità e velocità lumaca. *** Bagnoli, ma quando? I nove punti della Napoli occidentale sembrano definiti (dalla nuova stazione della metropolitana al recupero della spiaggia e del parco. Le idee sono buone, peccato che la operatività sia sempre mancata. Trent’anni perduti senza che qualcuno sia stato chiamato a risponderne o che abbia sentito il dovere di scusarsi. Bassolino prima e de Magistris oggi ne sanno qualcosa. Bagnoli ha bisogno di cervelli nuovi. La speranza è nei 600 giovani ricercatori che, grazie ad Apple-La mela, potranno mettersi al lavoro nei riutilizzabili locali della ex Nato. *** L’appello di Guido Dorso. I novant’anni dalla morte del torinese Piero Gobetti ripropongono anche l’appello per la questione meridionale che veniva considerata l’aspetto più profondo della questione nazionale italiana. In sostanza,allora come adesso. Secondo Guido Dorso, lucido e combattivo studioso avellinese, sarebbero bastati “cento uomini d’acciaio” per realizzare un’efficace rivoluzione meridionale. Per evitare la nascita di questi “uomini d’acciaio”, Napoli ha provveduto per tempo a smantellare l’Italsider che, a Bagnoli, produceva acciaio di buona qualità. *** Anche lui tiene famiglia. Il vice di Matteo Salvini, che è anche assessore regionale in Liguria, ha assunto il proprio cognato come collaboratore politico (ben remunerato con soldi pubblici, beninteso!). Ma perché scandalizzarsi? Ai leghisti, vecchia o nuova generazione, è forse proibito dalla legge “tenere famiglia?”.