Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Troncare e sopire In che mani siamo…

Opinionista: 

È una roba tutta da ridere. Renzi accusa la sinistra Pd di avergli fatto perdere la Liguria. È il contrario: è stata proprio la vecchia ditta bersaniana-dalemiana a salvargli la poltrona. Se i rottamati e gli asfaltati dal premier avessero fatto flop nelle urne, infatti, staremmo discutendo delle dimissioni del Governo. Esagerato? Per nulla. Pensateci bene: le uniche renziane in pista, Moretti e Paita, sono state massacrate dai candidati di un centrodestra moribondo e sull’orlo del baratro; De Luca, annunciato trionfatore della Campania, è stato salvato in extremis dai voti di Ciriaco De Mita - non esattamente un simbolo dello stil novo renziano - e di qualche ex caporale di Fi (al netto dei verbali elettorali sequestrati); il nuovo viceré della Puglia, Emiliano, certamente più vendoliano che seguace del premier, ha stravinto grazie al suo (meritato) consenso personale; infine, a vincere in Toscana, Marche e Umbria - come sempre e pur tra le defezioni - è stato il vecchio Pci, mica il partito della Nazione. Tirate le somme, quello che emerge è che senza l’apporto decisivo dei nemici interni per Renzi sarebbe stata una disfatta epocale. Il suo Pd, infatti, ha dimezzato i voti delle Europee proprio mentre lui pensava di aver battuto tutti. Non aveva messo in conto che una cosa è votare in Parlamento pessime leggi travestite da finte riforme, grazie alla complicità di un migliaio di persone terrorizzate dall’idea di perdere il posto e il pasto, altra è conquistare il voto degli italiani che tutti i giorni misurano la distanza tra le spacconate dell’Esecutivo e la realtà. Intendiamoci, nulla d’irreparabile è accaduto. Il Pd resta saldamente il primo partito anche quando perde, il centrodestra è come un paziente in coma che inizia a muovere le palpebre, mentre né Salvini né Grillo da soli possono impensierire i padroni del Nazareno. Ciò che fa specie, invece, è il modo in cui Renzi e i suoi colonnelli hanno disperatamente cercato di negare quanto è successo. Il premier ha parlato di «un risultato molto positivo», promettendo che proseguirà «nel processo di rinnovamento del partito e di cambiamento del Paese». È la vecchia tecnica del troncare e sopire. Il rovesciamento della realtà. Primo: proprio il voto ha dimostrato che la trasformazione è stata solo una Blitzkrieg sull’asse Firenze-Palazzo Chigi e che in periferia non esiste alcun gruppo dirigente renziano, ma una serie di feudatari gelosi della loro autonomia. Secondo: Renzi nega che siano stati proprio i voti dei resistenti al suo rinnovamento a salvarlo da una Caporetto. Terzo: la sua scommessa, trasformare il Pd tramite uno sfondamento nell’elettorato di centrodestra in libera uscita e in quello grillino disilluso - anche a costo di perdere un pezzo della sinistra - è clamorosamente fallito. Almeno per ora. Quarto: di fronte alla sua prima, vera sconfitta, il Grande Comunicatore ha risposto sottraendo la faccia, fuggendo dai media e rifugiandosi in Afghanistan. Eh sì, un vero leader si vede nei momenti di difficoltà.