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Umberto Eco, l’Europa e l’uscita degli inglesi

Opinionista: 

L’Europa di certo non gode di buona salute. Gli eventi delle ultime settimane e degli ultimi giorni non contribuiscono ad attenuare gli effetti nocivi della malattia che non solo sta devastando dalle fondamenta la geopolitica del nostro continente, ma sta mettendo in discussione la sua stessa esistenza. Il recente summit europeo non riesce a trovare soluzioni alla drammatica questione dei migranti che a decine di migliaia premono alle porte dei paesi europei più esposti alla pressione delle popolazioni in fuga dalla guerra, dalla fame e dalla miseria. Mentre gli statisti discutevano a Bruxelles, nel Mediterraneo si registrava l’ennesimo naufragio a poche miglia da Agrigento e il numero dei morti annegati è arrivato ad oltre 400 dall’inizio dell’anno ed i bambini morti da settembre ad oggi sono oltre 300. Il leader conservatore inglese Cameron vince su tutta la linea a Bruxelles e contribuisce a togliere un altro mattone dal già dissestato edificio europeo, continuando a stare fuori da Schengen e ottenendo di non concedere il Welfare agli immigrati per ben sette anni, alla faccia di ogni principio di solidarietà e di umanità che pur dovrebbe aleggiare nella patria del liberalismo e del laburismo. I paesi dell’Est a corto di memoria, giacché sembrano aver dimenticato di essere stati per decenni costretti a vivere dietro i muri della cortina di ferro, ne alzano di nuovi e chiudono le frontiere, in dispregio dell’altro grande principio della democrazia dei diritti umani: la libera circolazione delle persone. Insomma, ciò che appare in tutta evidenza è la mancanza di una comune politica europea che si rivela nell’incapacità di opporsi alle logiche nazionali e particolari. Come può rafforzarsi e manifestare tutti i suoi effetti positivi un’Europa in cui si scontrano e si fronteggiano gli interessi economici della Gran Bretagna, i colpi inferti al trattato di Schengen da questa o quell’altra nazione del centro e del nord del continente, le limitazioni dello stato sociale, gli scontri tra paesi irremovibili custodi dell’austerità economica e paesi che chiedono maggiore flessibilità nella gestione del debito pubblico? Ha ragione Romano Prodi quando osserva che, dopo la riunione di Bruxelles, siamo dinanzi a un vero e proprio spartiacque nella politica europea. Londra ha definitivamente deciso di mantenere la sua scelta di una adesione limitata al processo di integrazione europea e sta mettendo a rischio la sua stessa unità, dal momento che la Scozia lascerebbe la Gran Bretagna nel caso avesse il sopravvento la scelta del Brexit, la Francia del socialista Hollande è alle prese con gravissimi problemi di difesa e di sicurezza, la Germania è posta dinanzi al problema della gestione dei flussi migratori e l’Italia è ancora alla ricerca del giusto equilibrio tra contenimento della spesa e politica di riforme. Chiudo rendendo un omaggio a Umberto Eco, europeista convinto, e cito un suo articolo del 2003, Perché credo nell’Europa unita. «Dopo aver realizzato l’unità doganale e monetaria l’Europa dovrà avere una propria politica estera e un proprio sistema di difesa. O così o niente. L’Europa è condannata per sopravvivere a trovare strumenti di politica estera e di difesa comuni (…) Questo è il senso del richiamo che alcuni cittadini europei rivolgono ai Governi del continente nel quale sono nati e vorrebbero continuare a vivere, fieri della loro appartenenza».