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Un monito di Kennedy da non dimenticare

Opinionista: 

C’è un brano, nell'annuale rapporto del Censis, che merita di essere ripensato e sul quale riflettere al di là del contingente. Dal rapporto - analisi approfondita della situazione sociale del paese - emerge, infatti, una contraddizione: il 78,2 per cento degli italiani si dichiara soddisfatto della vita che conduce, ma nel frattempo cresce quella che i mass media hanno definito "l'Italia del rancore". Un rancore che nasce da una profonda sfiducia che non risparmia nessuno: il 78% giudica negativamente il governo; il 76% il Parlamento; il 70% le istituzioni locali. E quanto ai partiti è l'84% dei cittadini a rifiutarli. Partiamo da una premessa: che il mondo della politica nel suo complesso non abbia fatto molto per meritare la stima e la fiducia della gente è cosa fin troppo nota. Il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, seguito allo "tsunami" di Tangentopoli, aveva creato aspettative che sono andate deluse, tant'è che oggi non sono in pochi a rimpiangere un passato che sarà pur stato carico di errori, ma che tuttavia aveva espresso una classe politica - diciamolo senza infingimenti - di una caratura decisamente superiore a quella che adesso ci governa. Espresso nei confronti dell'attuale classe politica il negativo giudizio che merita, va pur detto, tuttavia, che il "rancore" della gente nei confronti delle istituzioni ci lascia fortemente perplessi anche perché lamentarsi e recriminare è facile, darsi da fare e operare in positivo per migliorare lo stato delle cose è più difficile, ma certamente più utile. Ci vien da pensare all'Italia del dopoguerra. Vivevamo tra le rovine e in condizioni economiche indubbiamente assai peggiori delle attuali. Ma la gente, anziché lamentarsi e lasciarsi andare alla sfiducia e al rancore, pensò a rimboccarsi le maniche e, in un lasso di tempo relativamente breve, sotto gli occhi sorpresi ed ammirati del mondo, il nostro paese realizzò quel miracolo economico che lo portò a far sì che alla lira venisse attribuito, da una giuria internazionale nominata dal Financial Times, l'oscar della moneta più solida dell'Occidente. Merito della classe politica. Certamente. Ma merito anche dei cittadini italiani che con il loro impegno e il loro lavoro seppero risalire la china. Il fatto è che, con il trascorrere degli anni si è realizzata una sorta di mutazione genetica che ha trasformato l'italiano, come ci rivela il rapporto del Censis, in un individuo dominato dalla sfiducia e dal rancore. Ecco, allora, tornarci alla memoria una frase che John Fitzgerald Kennedy pronunciò nel suo discorso di insediamento alla Casa Bianca, il 20 gennaio del 1961, quasi 57 anni or sono. "Non chiedetevi - affermava Kennedy - cosa il vostro paese può fare per voi. Chiedetevi cosa potete fare voi per il vostro paese". È un'affermazione che appare, per noi, di stringente attualità e sulla quale mette conto riflettere nella consapevolezza che rancore e sfiducia non producono nulla di positivo. Anzi, danno fiato agli incantatori di serpenti che illuderanno coloro che, ingenuamente, credono di trovare in loro la soluzione dei problemi che ci assillano. Con elezioni alle porte e una campagna elettorale che ogni giorno di più va rivelandosi come un autentico "paradiso di bugie" e di vane promesse, questo pericolo esiste. Eccome.