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Un nuovo “comunalismo” sembra ispirato da Calderoli

Opinionista: 

Come ha evidenziato il ministro Roberto Calderoli, in occasione dell’“incontro avvenuto in Upi”, sembra fondamentale una “riforma per il ripristino delle Province” e, quindi, un “dialogo con le Regioni e i Comuni”, assicurando al Ministero “una sorta di cabina di regia per fare sintesi tra le diverse proposte”, per “raggiungere un risultato concreto in tempi adeguati”. Una prefigurazione che sembra conferire attualità al “comunalismo” di Carlo Pisacane, su cui mi sono soffermato anche nella qualità di Presidente del “Comitato per le celebrazioni nel bicentenario della nascita” di Carlo Pisacane. La sua intenzione è, infatti, quella di “ridonare la vita al Comune” che, “nel progetto del pensatore meridionale ha funzione di centro propulsore della vita sia economica che politica dell’intera nazione”. Se “ogni nazione – come evidenzia Pisacane – ha il proprio Essere, la propria coscienza, che risulta dall’indole del popolo, dalle tradizioni, dalle condizioni presenti, dalle aspirazioni ad un avvenire”, “il Comune è, nella visione politica di Pisacane, la struttura portante ed il centro motore della vita democratica dell’intera Nazione”, la “cerniera tra la libertà individuale del cittadino e l’essere della nazione, a sua volta associazione di liberi Comuni”. Secondo Pisacane, infatti – come evidenzia anche una lettera, datata 17 gennaio 1853, inviata a Carlo Cattaneo – la “centralizzazione è il dispotismo, la federazione la debolezza. Unità e libertà sono impossibili; debolezza e libertà lo sono ugualmente; per essere liberi bisogna esser forti”. L’esito è evidente. Il Napoletano, “affascinato e, per alcuni versi, influenzato, guidato, consigliato da Cattaneo, tenuto sempre rispettosamente al di fuori di ogni polemica”, “è certamente un unitario ed è anche un federalista nella misura in cui i due topoi dell’ideologia democratica risorgimentale non sono tra loro in conflitto e nei termini in cui unità non si identifica con centralizzazione e federalismo con smembramento, frammentazione”. In tal senso, “il Comune – secondo Pisacane – è, oltre che un ente giuridico-politico, una compagine morale ed economica che deve avere carattere di individualità ben distinta e definita nella nazione, e che deve essere riconosciuto e strutturato in tutta la sua piena autonomia”. Secondo questa prospettiva, “riflettere sul comunalismo in termini storici, ma anche politico-istituzionali, significa scommettere sulla solidità degli enti locali, sulla partecipazione, sull’imprenditorialità, sulla legalità, la responsabilità, valorizzando così e dando finalmente piena attuazione a quegli spunti di soggettività sociale ed istituzionale, chiaramente iscritti anche nel nostro testo costituzionale”. Una prospettiva che rende opportuna “una riforma per il ripristino delle Province”, come ha evidenziato Roberto Calderoli. Una valutazione che “si fonda sulla persona e sulla persona in comunità” – anche attraverso la definizione della Provincia –, per “dare risposte autentiche ad una rinnovata e pressante domanda di democrazia”, che “come sappiamo, se non si fonda su una robusta soggettività della società, si corrompe. E in questo senso la spinta propulsiva del Risorgimento e dei suoi protagonisti resta una risorsa preziosa”. Una modalità che afferma una convinzione del Napoletano. La “libertà” – secondo Carlo Pisacane – doveva “permettere il più compiuto autogoverno di ogni singolo comune e, nell’ambito di questo, di ogni singolo cittadino”. Mi piace rammentare al riguardo che – secondo Pisacane – la “federazione altro non è che uno stato di transazione per giungere all’unità”. Una nuova “ipotesi” che – secondo la prefigurazione di Roberto Calderoli – induce a soffermarsi sul “comunalismo” e sui “diritti di libertà”, professati da Carlo Pisacane, un pensatore politico ed un uomo di azione, convinto che “le idee nascono dai fatti e non questi da quelle”.