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Un solo colpevole e nessun innocente: il Cav ha ragione

Opinionista: 

Terrificante. La campagna internazionale d’intimidazione mediatica per costringere Silvio Berlusconi al silenzio dimostra una sola cosa: è proibito discutere delle cause della guerra russo-americana che si combatte in Ucraina. Analizzare i motivi all’origine del conflitto, infatti, è il primo passo per provare a rimuoverli. E questa è l’unica strada per giungere, se non ad una soluzione negoziata, almeno ad una tregua armata che passi la parola alle diplomazie. Sfortunatamente tutti gli attori coinvolti nella vicenda bellica - per motivi diversi - per ora considerano questo scenario intollerabile. Quindi chiunque si azzardi a provare ad aprire una breccia in tal senso va bastonato, isolato, insultato, accusato di filoputinismo, calunniato e tacciato d’intelligenza col nemico. Insomma, un traditore della Patria in guerra (dichiarata da chi?) che va reso impresentabile agli occhi dell’opinione pubblica. È quello che è accaduto a Berlusconi dopo che il leader di Fi, pur usando toni sbagliati nei confronti del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nella sostanza ha messo il dito nella piaga, ricordando che le ostilità non sono iniziate 366 giorni fa ma molti anni prima. La si può pensare come si vuole, ma che la regione fosse in uno stato di guerra permanente ben prima del 24 febbraio 2022, con da un lato gli attacchi ucraini ai filorussi del Donbass e dall’altro l’annessione della Crimea a Mosca, è incontrovertibile. Ed è in questo contesto che il colpevole è soltanto uno - la Russia di Putin per la sua invasione criminale - ma non esistono innocenti. Non lo sono gli Stati Uniti, decisi a combattere una guerra per dissanguare la Russia e ridurla a una provincia dell’impero cinese; non lo è l’Europa, che né prima né dopo la scellerata aggressione di Mosca ha fatto ciò che andava fatto, cioè dire che la prospettiva per Kiev non era l’ingresso nella Nato, ma la neutralità garantita dall’Ue, ponendosi subito come soggetto mediatore tra le parti; non è innocente il Governo ucraino che - al pari del Cremlino - non ha rispettato gli accordi sottoscritti a Minsk sull’autonomia delle regioni filorusse. Ovviamente, a scanso di equivoci, giova ribadire che l’Italia ha fatto l’unica cosa sensata: stare saldamente con l’Alleanza atlantica e l’Occidente, ci mancherebbe. Il problema però non è scegliere il campo in cui porsi, ma starci per fare qualcosa: quali sono gli obiettivi che ci proponiamo di perseguire? Quali gli interessi nazionali ed europei che intendiamo difendere e promuovere? Qual è il prezzo che siamo disponibili a continuare a pagare, oltre a quello già pagato in questo lungo anno di guerra? Qual è il nuovo assetto geopolitico al quale miriamo? È nostro interesse separare la Russia dall’Occidente, spingendola tra le braccia della Cina comunista che resta il nostro avversario strategico? Ad ognuna di queste domande non c’è mai stata una risposta chiara e univoca. Anche perché siamo in guerra senza averlo mai dichiarato in maniera esplicita, con tutto il carico di confusione e ambiguità che ne consegue. Assistiamo a una continua escalation militare, in cui non è noto se per l’Italia esista una linea rossa da non valicare oppure no. Non sono in discussione né la nostra appartenenza chiara al campo occidentale né la solidarietà e la scelta euroatlantica, ci mancherebbe altro. È in discussione la nostra capacità di avere un ruolo, di essere promotori, assieme ai nostri alleati, di una proposta negoziale per uscire da questo disastro rispettando i legittimi interessi e le preoccupazioni di tutti in materia di sovranità e sicurezza. Diversamente la crisi e Est continuerà a rafforzare Usa e Cina - in vista del confronto diretto che i due imperi preparano - e a indebolire l’Italia e l’Europa. Non è questione di stupido pacifismo pantofolaio, al contrario: si tratta di chiarire per quali interessi nazionali e obiettivi stiamo contribuendo alla guerra che è tornata in Europa. Lo si dica una volta per tutte. Altrimenti ha ragione Berlusconi.