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Una città alla deriva e la “bomba ecologica”

Opinionista: 

Una legge del 1996 si è occupata del risanamento dell’ex area industriale di Bagnoli e ha stabilito, tra l’altro, che occorre ripristinare la balneabilità della spiaggia di Coroglio attraverso la rimozione della famigerata “colmata” (la montagna di veleni scaricati dall’Ilva sul litorale nell’indifferenza dell’intera città). Ma, dopo ventiquattro anni di promesse, di accordi di programma e di ripensamenti, questa “bomba ecologica”, che continua a inquinare i fondali marini e ad avvelenare l’ambiente, è ancora dove non dovrebbe stare. Una scandalosa violazione di una legge dello Stato che non sarebbe dovuta accadere in una città amministrata da un ex magistrato. Per sottrarre la Mostra d’Oltremare a un inesorabile declino per l’impossibilità di svolgere la funzione per cui era nata nel 1940 e per l’incapacità di assegnarle un ruolo in grado di giustificarne un’utile gestione ho proposto di trasformarla in un rione cittadino, come l’Eur di Roma (ma precluso alle auto e ai motorini) e ho avuto l’adesione dell’intero mondo culturale cittadino e dell’allora assessore alla Cultura(mi scrisse “dobbiamo farcela”). Ma l’ostinazione del sindaco a mantenerla come “enclave arancione” ne impedisce l’inveramento. Se impilassimo gli unti sugli altri i saggi, i libri, gli studi, gli atti dei mille convegni sul centro storico cittadino daremmo corpo a un grattacielo cartaceo alto un miglio senza che si sia mai riusciti a innescare alcun processo di rinascita. Per la semplice ragione che si è sempre puntato esclusivamente sul restauro di palazzi, di chiese e di complessi conventuali con risultati fallimentari. Non si vuole capire che il centro antico (quello dichiarato patrimonio dell’umanità) è costituito non solamente da “pietre” ma anche da “persone”, con tutto il loro carico di problemi esistenziali. Perciò vanno certamente attuati gli interventi tecnici volti al recupero dei plazzi, delle strade e delle piazze, ma, nel contempo, è necessario attuare gli interventi finalizzati alla “rivitalizzazione” del tessuto sociale, condizione essenziale perchè il processo di degrado non si riformi. Occorre creare un apparato produttivo ecocompatibile (artigianato di eccellenza, in primis). E occorre realizzare nel sottosuolo gli standars urbanistici, necessari per migliorare la qualità della vita degli abitanti. Via Caracciolo deve essere riportata allo splendore del suo primo giorno con un recupero filologico che prevede la realizzazione di scogliere soffolte per eliminare tutte le oscene scogliere a ridosso del muro di ripa (questo bellissimi muro curvilineo in pietra vulcanica va restituito all’ammirazione dei napoletani e dei turisti); nella eliminazione dell’arenile a ridosso del piazzale sottostante la Rotonda Diaz per ripristinare la sua condizione originaria di approdo delle barche e per evitare il riproporsi del lido “mappatella”, che costituisce la vergogna di una città civile; nella trasformazione del semicerchio della Rotonda in un grande marciapiedi, arredato con una fontana circolare, delimitata da una panchina in pietra vulcanica e nella pedonalizzazione del viale Dhorn, da annettere alla Villa comunale e da destinare a spettacoli teatrali, a concerti di musica sinfonica e alle mostre primaverili dell’ antiquariato del libro e del mobile. Il progetto, fatto proprio dalla Municipalità Chiaja-Posillipo e dall’Assise di palazzo Marigliano, è stato approvato dalla Soprintendenza l’11 maggio 2012 e trasmesso per l’esecuzione all’amministrazione comunale. Ma il sindaco l’ha chiuso in un cassetto perché non intende restituire all’intero lungomare la sua funzione di strada carrabile. Assieme ai problemi “penosamente irrisolti” dei Quartieri spagnoli, delle periferie emarginate, dell’apparato produttivo ecocompatibile e dello strapotere della camorra è questa la drammatica eredità che il sindaco(ancora per poco) Luigi de Magistris lascia al suo successore. Dopo dieci anni di (dis) amministrazione basata sui “grandi eventi che (non) hanno rilanciato Napoli nel mondo”.