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Una ipocrisia tutta italiana

Opinionista: 

Ha ragione Mattarella, Presidente di questa nostra giovane Repubblica: la Liberazione va ricordata e celebrata, per non dimenticare mai, per sapere sempre da dove veniamo. Ma è questo un invito, un auspicio o l'affermazione istituzionale ad oltranza dell'idea di una Repubblica sodale e nazionale che è tale soltanto sui grafici geofisici e nell'immaginario sempre più distorto di una popolazione ancora prigioniera di paradigmi che hanno ormai superato da tempo il semplice, dilettantesco campanilismo? Nel giorno che ricorda il settantennio della Liberazione, fra discorsi di comodo, agiografie celebrative trite e legate al solito opportunismo politico, registriamo un'inaccettabile canovaccio mediatico basato su una caratteristica tutta italiana: l'ipocrisia e lo sciacallaggio politico ed informativo. Con un annuncio coraggioso e responsabile senza precedenti, il Presidente Obama ha reso noto i risultati dell'inchiesta effettuata sulraid antiterroristico di un drone Usa in territorio al confine afghano-pakistano, dove nello scorso gennaio rimangono uccisi per un tragico errore un cooperante americano Warren Winstein e un attivista umanitario italiano Giovanni Lo Porto, e, addossandosi l'intera colpa della drammatica operazione, ha chiesto scusa e offerto un risarcimento pecuniario alle famiglie. Sono dolori immensi, che toccano in prima, ed oserei dire, unica istanza, ciascun familiare delle vittime, che avrebbero avuto ed hanno tutto il diritto di sapere, di capire e di vivere in sobrietà e silenzio tale tragedia, ma in questa Italia liberata, in questa Italia confine d'Europa di un Mediterraneo trasformato in una grande "fossa delle morti bianche e dell'indifferenza", in questa Italia imbalsamata dagli odi razziali e dalle convinzioni razziste che dividono ancora il Paese, invaso dalle Alpi allo Ionio da una pletora di piazze Garibaldi e di corsi Vittorio Emanuele che non sembrano avere ormai alcun senso, tranne quello del traffico, tutto esita e si esalta in una liturgia ipocrita, in una corsa alla legittimazione politica di una morte inutile, figlia aberrante di un grande ideale umanitario e di un calcolato gesto tecnologico e bellico. Alle soglie di un'altra parata celebrativa del made in Italy, come l’Expo, anch'essa simbolo scandalistico del pressappochismo italico, della corruzione e dell'ipocrisia istituzionale, degli impegni organizzativi a stento rispettati o non, prendiamo atto degli schiaffi anglosassoni dati all'Italia sul problema dei migranti, del sussiego generico e distratto dell'Europa, quasi uno snobismo caritatevole, per gli sforzi italiani nel mare insanguinato e ci teniamo un Renzi contento e sempre più convinto del ruolo di salvatore della Patria che la comunità estera è ben contenta di affibiargli, e pronto a calarsi fino in fondo nella tragica figura del condottiero, capitano di ventura, per sciaquare i panni sporchi italici in Arno. Non c'è un direttore di giornale o un commentatore che non stia costruendo a proprio uso e consumo la figura di Giovanni Lo Porto; ha preso nuovamente fiato la campagna contro la nostra presenza nelle missioni di pace o umanitarie, e se esistesse un partito monarchico o borbonico, non avrei dubbi che se ne attribuirebbe anch'esso l'appartenenza politica, e, manco a dirlo, risorgono tutte le teorie antimperialiste e antiamericane, ma la realtà, amara, è ben diversa, perchè ci si dovrebbe interrogare sulla debolezza politica di una Nazione che pur aderendo ad impegni internazionali di cooperazione quasi pretesi, non riesce ad ottenere altrettanto rispetto ed appoggio per lo sforzo immane nel Mediterraneo e nella mortificante vicenda dei nostri marò in India. La morte di Lo Porto è solo una ulteriore occasione per riempire talkshows, per inchiostrare carta stampata e per le fantasie modellistiche di qualche illustre giornalista, che, statene certi, non mancherà di esibire il modellino da scenario teatrale del raid antiterroristico del drone Usa, magari con l'ausilio di qualche prezzolato consulente militare. Si dimenticherà, ad arte, che per il 90% le nostre missioni all'estero sono compiute da personale militare e civile volontario, che percepisce stipendi e bonus di missione ragguardevoli, spesso tripli del normale e consci dei pericoli da affrontare, perchè parlarne suonerebbe un'inaccettabile offesa, quasi un'apostasia del comune senso del pudore sociale e dell'imperversante buonismo pacifista. E allora teniamoci stretto Giovanni Lo Porto, sottraiamone il ricordo ai suoi cari e martirizziamolo: questa Italia liberata ha sempre bisogno di un figlio ideale da sacrificare sull'altare della Patria, per far dimenticare le morti di Stato, le stragi senza colpevoli, il silenzio sui genocidi di ieri e di oggi, l'odio strisciante della discriminazione territoriale e la perenne consapevolezza di una nazione ancora ostaggio della dicotomia fra vincitori e vinti e di una storia, che perfino la pietà della morte non riesce a rendere uguali. Se così fosse, per chi crede nell'aldilà, i vinti dovrebbero avere finalmente giustizia...