Zona franca portuale, vera chance per Napoli
Uno dei più concreti progetti di rilancio economico del centro storico di Napoli resta senza dubbio l’istituzione della zona franca urbana nell’area portuale. Un argomento spesso utilizzato come cavallo di battaglia, più o meno demagogicamente, dalla politica, ma puntualmente lasciato decantare dal governo centrale, che su questa tipologia di area non ha mai individuato un percorso chiaro. Tuttavia la zona franca può diventare prodromica di un disegno più complessivo che comprenda l'apertura di un vero porto franco, sottoposto però alla severa disciplina dell'Unione europea. In proposito desidero sottolineare che la zona franca portuale è uno dei tre punti qualificanti del programma di governo di Italia Unica per Napoli, che ha già riscosso convinti apprezzamenti considerando che altre partiti l’hanno ripreso pubblicamente cercando di farlo proprio. Per dare circolarità al mio discorso, gli altri progetti che ho illustrato nei due precedenti interventi sul “Roma” sono la riqualificazione urbanistica di Napoli Est, attraverso un decentramento responsabile di uffici pubblici, strutture e servizi essenziali per la città, e la creazione di un “Parco della romanità” ai Campi Flegrei, dalla Baia di Trentaremi a Capo Miseno, sfruttando l’esistenza di un grandioso e omogeneo percorso archeologico nel quale turisti e visitatori potrebbero calarsi in una suggestiva esperienza di ruolo, abbinandola con i numerosi itinerari termali. E anche in questo secondo caso, la bontà dell’idea ha trovato rispondenza nel provvedimento del ministero dei Beni culturali che ha istituito il Parco archeologico autonomo dei Campi Flegrei. Per tornare alla zona franca urbana nel porto, perché si rivelerebbe un’operazione di straordinaria efficacia per la città? È presto detto. All’interno di queste aree extradoganali gli operatori possono effettuare attività a condizioni molto favorevoli: le merci vie mare sono introdotte senza vincoli, indipendentemente da provenienza, destinazione o natura e senza essere soggette a dazi o altre imposizioni nell’ambito portuale; le merci possono restare in deposito all’interno del porto senza limiti temporali e possono essere spedite verso destinazioni senza bisogno di dichiarazione doganale comunitaria; sulla merce stoccata nei depositi permanenti possono essere liberamente eseguite tutte le cosiddette lavorazioni usuali come l’imballaggio, l’etichettatura, la campionatura. Per le merci importate nel mercato comunitario attraverso le zone franche, inoltre, i relativi dazi e le imposte doganali possono essere pagati con dilazione a un tasso di interesse annuo particolarmente ridotto. In buona sostanza, la zona franca non si tradurrebbe nella semplice libertà di importare ed esportare beni liberi da dazi, ma in una gestione non burocratica degli affari, senza funzionari supportati dalle istituzioni, ma bensì solo con operatori dotati della necessaria mentalità mercantile. Questa “giustizia” dolce attirerebbe centinaia di nuovi operatori desiderosi di dedicarsi serenamente ai commerci e agli scambi di beni e servizi. Per Napoli vi sarebbero molte possibilità di utilizzare in tutto o in parte il territorio portuale quale zona extradoganale con potenti ricadute commerciali, turistiche e, soprattutto, occupazionali con il raddoppio, verosimilmente, degli attuali 3000 lavoratori. La zona franca diventerebbe l’anticamera operosa e produttiva della stazione marittima, che a sua volta tornerebbe a essere l’autentica porta d’ingresso naturale della città. L’attracco napoletano, così riorganizzato, e finalmente messo a sistema con gli altri poli turistico-culturali dell’area metropolitana e della regione, potrebbe per davvero competere con i maggiori porti nordeuropei e mediterranei, potenziando l’attività crocieristica e contribuendo a destagionalizzare i flussi turistici, che oggi si concentrano in prossimità delle festività natalizie e soltanto grazie al passaparola. Occorre, infine, riaffermare anche un principio di merito: l’istituzione della zona franca portuale restituirebbe a Napoli uno dei centri nevralgici di crescita e di sviluppo che le sono stati sottratti nel corso dei decenni, ultimo dei quali lo storico Banco di Napoli. Se c’è una cosa che questa città non ha smarrito è il prestigio di antica capitale, che la classe dirigente locale ha il dovere di rinverdire promuovendo operazioni magari ambiziose, ma realizzabili.
* responsabile coordinamento Provincia di Napoli-Città Metropolitana, Italia Unica