Mariano Balato (nella foto) è il Ceo della Balato, un’azienda leader nella creazione di tendenze di stile e colore, con sei saloni tra Napoli, Salerno, Caserta e Roma. È sposato con Rita. Hanno tre figli: Giuseppe, Rebecca ed Emily. «Nasco alla Sanità e sono figlio d’arte perché papà aveva un negozio di parrucchiere in questo rione storico di Napoli. Lo aveva chiamato come il suo nome,“Genny coiffeur, pour dames”. Fin da piccolo ero affascinato dalla trasformazione della materia in ogni sua declinazione e per questo motivo ammiravo la sua creatività. È un qualche cosa che ho nel dna perché nella mia famiglia ci sono molti artigiani che lavorano la materia dando vita a creazioni diverse. Quando potevo, nel pomeriggio, andavo nella bottega paterna, mi sedevo e osservavo quello che succedeva. Papà me lo consentiva a condizione che non trascurassi la scuola e gli studi. È sempre stato intransigente e ha educato me e mia sorella minore, Marcella, secondo i veri valori della vita. Mi ero appena affacciato all’adolescenza e avevo deciso che da grande avrei fatto anche io il parrucchiere. Cominciavo a vedere, però, qualche criticità nel modo in cui si lavorava al negozio».

Cioè?

«Le signore chiedevano a papà un taglio o una tintura, oppure entrambi, prendendo a campione le acconciature viste sulle riviste che sfogliavano nelle loro attese. La gamma era molto ampia e dava spazio a personalizzazioni. Questa metodica era consolidata presso tutti i parrucchieri. Capii che bisognava cambiare il sistema e cominciai a fotografare le acconciature fatte alle clienti. Raccolsi le foto in un album, una sorta di catalogo che poteva essere consultato dalle signore al posto delle riviste. Contestualmente ebbi un’altra intuizione dovuta al fatto che ho una spiccata propensione per la comunicazione. Mi inventai un co-brending ante litteram con il salumiere vicino; gli consegnai l’album in modo da farlo vedere alle frequentatrici del suo negozio e gli proposi di scambiarci la clientela. Questa iniziativa suscitò scalpore e diffidenza nel rione anche perché ero un ragazzino. Papà però mi diede fiducia e mi appoggiò. Lentamente qualche signora coraggiosa si fece avanti e di seguito ne vennero altre. Ma non ero soddisfatto di quello che avevo realizzato perché il metodo di lavoro, nonostante tutto, comunque rimaneva quello classico».

Che cosa fece?

«Intanto, conseguita la maturità scientifica, mi ero iscritto alla facoltà di economia aziendale per imparare a fare il manager. Ma mi resi conto che solo la teoria non bastava e, compatibilmente con gli studi, iniziai a fare esperienze pratiche in Italia e anche all’estero, soprattutto a Londra e a New York. Trascorsi circa due anni, mi sentii pronto per dare una svolta definitiva al lavoro. Dopo un numero enorme di ore serali di studio e di prove fatte sulle “testine” e nel laboratorio chimico di un amico, rifeci il catalogo prevedendo solo tre tipologie di taglio, due di pieghe e quattro di sfumature. Assegnai loro un numero e le nostri clienti potevano scegliere esclusivamente in quella gamma. Avevo standardizzato le modalità di intervento del parrucchiere impedendogli in tal modo qualsiasi personalizzazione. Più tardi qualcuno mi criticò dicendo che dai miei saloni uscivano “teste” tutte uguali. Rispondevo che però erano tutte belle e fatte a regola d’arte. Da buon comunicatore, quando nel febbraio del 2004 Mark Zuckerberg lanciò la sua piattaforma, invitai tutti gli amici e conoscenti a scaricarla sul computer. Postai il catalogo su Facebook e lo presentai con la prima descrizione del “metodo Balato”. Nel 2008, poi, in Italia Apple commercializzò il suo primo smartphone e l’app di Facebook fu a disposizione di tutti in ogni tempo e in ogni luogo».

Ci definisce in sintesi il “metodo Balato”?

«È l’insieme organico di elementi teorici e pratici interconnessi e interagenti tra loro che determina un procedimento, basato su precisi standard, attraverso il quale tendo alla massima soddisfazione delle aspettative di ogni singola cliente rispetto alla scelta che ha fatto. Il marchio è regolarmente registrato».

Stavate ancora nel negozio del rione Sanità?

«Non sarebbe stato possibile perché era diventato piccolo. Ci eravamo trasferiti in un grande locale di proprietà di papà a via Settembrini. Partimmo in tre: papà, io e Luca Basile, il nostro primo collaboratore. Attualmente è il mio socio della sede di via Toledo, la mia bomboniera di Napoli. Poi c’era mamma Maria che dava una mano alla cassa e ci trasmetteva tanto coraggio ed entusiasmo. Era il 2010 e i primi sei mesi furono molto duri perché i clienti scarseggiavano, ma a fine anno recuperammo e il brand cominciò a essere conosciuto a macchia d’olio. Nel salone da tre diventammo quindici, lo spazio cominciò a diventare insufficiente e fuori al negozio si formava spesso una fila di sessanta metri».

Poi c’è stata una svolta fondamentale. Quale?

«Feci un investimento molto importante perché volli che l’azienda Balato producesse in house i prodotti necessari per la propria attività. Trovai il titolare di un laboratorio chimico che credette in me e insieme partimmo in questa nuova avventura. Con Instagram il catalogo fu digitalizzato e ogni cliente di Balato veniva “trattata” con prodotti Balato».

Quando aprì il secondo salone?

«Nel 2018 e decisi di farlo a Salerno perché in caso di insuccesso non volevo che la sede di Napoli ne risentisse. Ma non fu così e anche il nuovo negozio, aperto nella centralissima via Roma, decollò. Lo affidai a uno dei 15 collaboratori che avevo formato a via Settembrini, Nicola D’Auria, originario di Scafati, che ogni mattina, in qualsiasi condizione meteo, veniva a Napoli con il suo scooter. Furono i prodromi dell’Accademy che creai dopo poco tempo».

A febbraio 2020 scoppiò ufficialmente la pandemia da Covid e il mese dopo c’è stato il primo lockdown. Quanto ne ha risentito?

«Fortunatamente le basi del progetto di diffusione del marchio e di apertura di nuove sedi era già pronto e avevamo le persone adatte per assumersi la responsabilità di gestirle. Nel 2020 abbiamo aperto il salone a palazzo D’Angri, in via Toledo a Napoli, e l’ho affidato a Luca Basile. Quindi sono andato in collina, al Vomero, e ho inaugurato il centro di via Enrico Alvino. L’ ho affidato a Genny Fiorentino e a Samuel De Luca di ritorno da Beverly Hills. Dopo poco è nato il salone di Caserta con la direzione di Antonio Caso, anche lui reduce da Beverly Hills. Alla sede storica di via Settembrini abbiamo affiancato una struttura che ospita, nella omonima piazzetta, un elegante bad and breakfast per le clienti che vengono da fuori Napoli e voglio soggiornare in città per ricevere i nostri servizi. Anche in questa struttura tutti i prodotti hanno il marchio Balato. La curo io insieme a papà».

Antonio Caso rappresenta un’ulteriore svolta nel suo brand. Perché?

«Devo premettere che ogni salone è giuridicamente costituito come società a responsabilità limitata in cui ciascuno dei direttori è un mio socio. È stata una mia decisione precisa perché in questo modo ho voluto renderli tutti corresponsabili. Antonio Caso rappresenta una svolta perché è il primo a non fare parte dei quindici collaboratori che avevo istruito in via Settembrini. È un parrucchiere già formato, con esperienze maturate in Italia e negli Usa, a New York, che ha creduto nel metodo Balato ed è voluto entrare nella nostra famiglia per crescere come imprenditore».

In questo periodo sua sorella Marcella è entrata a fare parte nel brand. È laureata in lingue, parla inglese e arabo ed è specializzata in estetica avanzata.

«Dopo una lunga esperienza negli Emirati Arabi in relazioni internazionali ha deciso di aprire istituti di bellezza, una sua antica passione. Il primo è quello affianco al Balato di via Settembrini. Successivamente è venuta al Vomero e a Caserta. Con lei e tutti i soci delle altre sedi formiamo, poi, una Balato srl con sede a Roma, vicino a Palazzo Chigi. È un centro di 300 mq su due livelli diviso tra estetica e attività di parrucchiere. Lo abbiamo affidato a due esperti direttori alle cui dipendenze ci sono 16 collaboratori formati presso l’Accademy di via Settembrini. Abbiamo messo a loro disposizione una “foresteria” pagata interamente dalla società».

A latere di quest’attività ha fondato la Mariano Balato srl che si occupoa di e-commerce.

«I nostri prodotti cominciavano a essere richiesti dappertutto. Ho pensato, perciò, di farli produrre anche in formato “negozio” e ho affidato la vendita online a mia moglie Rita. È partita vendendo pochi prodotti e spedendoli personalmente tramite l’ufficio postale ogni venerdì. Dopo poco tempo l’attività è cresciuta in maniera esponenziale e le ho affiancato Davide, un esperto ecommerce manager di alto livello. Attualmente abbiamo 380 articoli in catalogo. Davide coordina anche la Balato Studio, la nostra agenzia di marketing e di comunicazione».

Recentemente ha sottoscritto un accordo molto importante. Quale?

«Siamo stati avvicinati dall’Hard Rock International. La multinazionale ha scelto il nostro brand per fornire in sicurezza i nostri servizi in un loro hotel a Ibiza. Apriremo nel corso di quest’anno».

Ha nel prossimo futuro un altro progetto?

«Aprire a Dubai».

È impegnato anche nel sociale.

«Abbiamo creato una linea di prodotti per bambini che si chiama “Rebecca”. Si fonda su una costosa molecola particolare grazie alla quale lo shampoo, se va negli occhi, non li fa lacrimare. La realizza per noi un’azienda in Francia. Il ricavato lordo della vendita lo destiniamo a una bambina che abbiamo adottato in Egitto quattro anni fa quando aveva 6 anni. Poi abbiamo creato una partnership con l’associazione “Un angelo per capello”. Doniamo i capelli che le nostre clienti si fanno tagliare e che sono lunghi almeno 20 cm. Servono per preparare parrucche per le persone che si sottopongono alla chemioterapia».