Le esposizioni di carattere generalista vengono definite “collettive” e tale appellativo non rende giustizia del merito che esse hanno di suggerire una visione prospettica, dell’arte contemporanea. Nella specie, lanciamo un cono di luce su una mostra, che, appunto, scavalca le ragioni della “collettiva” per proporsi come una “rassegna” che ci fa cogliere lo “status quaestionis” della ricerca artistica dei nostri giorni. Si tratta di “Transizioni”, una mostra curata da Mino Iorio, in svolgimento a Lecce, presso l’istituzione locale del “Must – Historical Museum City”. Non ci soffermeremo sulle singole opere presenti e cercheremo, piuttosto, di cogliere ciò che racconta la condizione della nostra contemporaneità. (nella foto un’opera, Deposizione, presente in mostra di Sergio Spataro). Mino Iorio riassume egregiamente i contenuti di questa Rassegna osservando che “la transizione è un disvelamento preciso dell’essere che ritrova la sua specifica dimensione al di là degli orpelli retorici ma definendo in modo cartesiano e univoco l’hic et nunc delle proprie azioni, senza possibilità di equivoci ed esclusivamente dal punto di vista della sopravvivenza umana”. Nelle parole del Critico napoletano si legge il significato profondo di questa proposta espositiva e, se possiamo aggiungere una osservazione tutta nostra, personale, alle convincenti parole di Mino Iorio, diremo che ciò che si afferma con imprimente nettezza è la disposizione della ricerca artistica a proporre una prospettiva multipla e polisemica, in cui le differenze (di stile, di segno, di spessori formali ecc.) sembrano non tanto azzerarsi, ma trovare ragione, piuttosto, in una prospettiva pienamente valutabile come il suggerimento organico di un’utile e spendibile “Weltanschauung”. Tutto ciò rende testimonianza efficace della nostra contemporaneità che si propone dialettica e policentrica, come un additamento che la cultura sa suggerire più avanzato rispetto ai ritmi più lenti degli organismi sociali.