La finestra della quarantena
di Giulia Starita
Mer 08 Aprile 2020 20:03
Sono le 7 ed ecco che Lucia si sta alzando. Apre le tende, sporge la testa fuori dalla finestra e prova a respirare un attimo di libertà. Si ripete ancora una volta che #andràtuttobene, ma glielo si legge negli occhi che fa sempre più fatica a crederlo. Non fa in tempo a riprendersi che ecco in arrivo la prima lezione online con la sua classe. Saluta tutti. È allegra, o almeno cosi fa sembrare, ride alle battute di alcuni dei compagni, che in classe magari a stento salutava, ma poi “puff”: sono terminati i 40 minuti e la videolezione si interrompe. Lucia allora si affaccia alla finestra e vede dal palazzo di fronte un ragazzo che dal balcone parla al cellulare quando all’improvviso le fa un sorriso. Carino, pensa lei e senza rendersene conto arrossisce un po’ mentre la mente non può non ricordarle il suo amato Paolo. Decide così di prendere la felpa che lui le aveva prestato. La stringe forte, la annusa. Subito avverte quel suo profumo inconfondibile che le ricorda proprio “l’aria di casa” e che in pochi attimi le ha fatto realizzare quanto le manchino quei pomeriggi trascorsi insieme. Quanto rivorrebbe, pensa, quei suoi baci struggenti, quella sua mano docile con cui le accarezzava il viso, ma anche quelle accese discussioni che spesso le hanno fatto nascere “l’istinto omicida” ma che ora rifarebbe, pur di correre da lui. Il pomeriggio passa in fretta, mentre ripete ad alta voce la lezione del giorno dopo. Si guarda intorno, guarda fuori, ma il giovanotto non c’è più, è rientrato. Questa volta nota però un anziano, seduto su un balcone, mai visto prima. Ma ecco che al suo posto le appare l’immagine del suo caro nonnino, seduto sulla sua sedia a dondolo, quando le dava due pizzicotti sulle guance e mai si capacitava di quanto la sua nipotina fosse cresciuta, anche se si erano visti pochi attimi prima. Ed è dispiaciuta dei suoi: «Nonno dai smettila, ormai sono grande!». Sarebbe bastato un abbraccio, lui sarebbe stato felice e lei adesso non sentirebbe questa irrefrenabile voglia di tenerlo stretto. Si riaffaccia alla finestra ma questa volta trova una ragazza della sua età che urla con la madre su qualcosa di futile. Vede volare schiaffi, bei “paccheri”, ma non si stupisce. Ripensa anzi alle lotte fatte con la sua di madre, quando ancora uscire o andare in discoteca le era permesso, per convincerla a farla rientrare più tardi. Ma la risposta era sempre la stessa: «Lucia fino a quando vivrai sotto il mio stesso tetto dovrai ubbidire a ciò che dico, perciò ti voglio a casa entro mezzanotte, sennò poi vedi!». Quel famoso “sennò poi vedi” che tanto la terrorizzava e che poi per un motivo o per un altro si trasformava sempre in un ceffone, ma che ora “ah” anche quello quanto le manca!
(L'opera in foto è "Fiume invisibile" di Carla Viparelli)
Ci mancano i baci, gli abbracci, le carezze? E persino i “paccheri” e i pizzichi? Le parole, con la loro magia, possono restituirceli attraverso un racconto. La strategia è vecchia ma sempre valida, quella del nostro Boccaccio: dare spazio alla fantasia e narrare una storia al giorno, così la quarantena sembrerà più breve. Dopo il Decamerone è tempo di scrivere il “Quarantenamerone”: saranno i lettori, con i loro racconti, a farlo inviando il loro scritto all'indirizzo armida.parisi@ilroma.net. Due i vincoli: la lunghezza e l’argomento. Il racconto dovrà essere lungo tremila caratteri, spazi inclusi, e ispirato al tema “Baci, abbracci, paccheri e pizzichi”. La redazione selezionerà i migliori e li pubblicherà sulla pagina culturale del quotidiano e sul sito, dove il testo è arricchito dalla riproduzione di un’opera dell’artista Carla Viparelli in sintonia con il tema proposto.