È veramente straordinaria l’approvazione di cui gode la canzone classica napoletana, la sua espansione nel mondo e l’omaggio entusiastico che ha avuto dalle voci più celebri di ogni luogo, di ogni tempo e di ogni stile espressivo, da Enrico Caruso a Franco Corelli, Giuseppe Di Stefano, Luciano Pavarotti, Domenico Modugno, Mina, Elvis Presley o Michael Bublé. Giungendo ai nostri giorni più vicini, in occasione degli ottanta anni dalla nascita, e forte di un amore dichiarato a chiare lettere per la città del Vesuvio, “la prossima volta voglio nascere qua, essere napoletano a tutti gli effetti, non solo importato”, è presente, già dal 4 marzo scorso, dopo Bologna e Roma, al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, una mostra dedicata al compianto Lucio Dalla, nella quale sono esibiti fotografie, copertine di dischi, abiti di scena, manifesti, copricapo e più. Simpatia anche e specialmente musicale, quella per il capoluogo campano del cantautore bolognese, che in una delle sue sicuramente più applaudite canzoni, con i suoi oltre trentotto milioni di dischi venduti, “Caruso”, celebra notoriamente la massima voce belcantistica partenopea, rievoca incantevoli scenari paesaggistici nostrani e riecheggia un’indimenticabile melodia del repertorio canoro a noi più vicino. A rimarcare l’ammirazione di Dalla per la musica napoletana, Andrea Rossi D’Esposito, nipote di quel Salve D’Esposito che fu l’indimenticabile autore di “Anema e core” e di “Me so’’mbriacato ’e sole”. «L’ultima canzone napoletana cantata in pubblico dall’interprete di “4 marzo 1943” – ci dice infatti con orgoglio – fu proprio “Anema e core”, in occasione di un’edizione del Festival di Sanremo, registrandola anche, con la collaborazione di Sergio Cammariere e di Olan Cesari, nel cd “Questo è amore”. E fu sua la promessa a mia madre, Luisa D’Esposito, figlia primogenita di Salve, che, dopo la serie di concerti nella quale era in quel momento impegnato, sarebbe venuto a cantare proprio “Anema e core” a Sorrento, in occasione della collocazione del busto raffigurante mio nonno nella villa comunale a lui intitolata».