“Resto qui”. E sarebbe bello se ogni lettore potesse aggiungere... con te. Sì, con Marco Balzano, che non è soltanto il prestigioso finalista del Premio Strega, del “Premio Campiello 2015” e il vincitore del Premio Asti d’Appello 2018, ma uno scrittore quarantenne che, al primo sfogliare del suo romanzo, ti fa sentire al centro della scena, come fossi tu l’uomo che “parla” con Trina, la popolana protagonista del suo romanzo. Marco Balzano crea una donna senza paura, che si aggrappa alle parole con la semplicità di una loquela familiare, elegante, fonte di una nuova vita, che ti prende per mano e ti insegna a scrivere come si parla. Sì, scrivere come si parla, ma da persona umile e sensibile, raffinata, i cui pensieri penetrano nell’animo e ti conquistano. Che narratore è Marco Balzano. 
E che meravigliosa conferma sapere che un giovane scrittore possa raccontare la vita con la sapienza di un grande vecchio.
Che gioia sapere che ancora si possano riporre speranze nella narrativa. In Italia ce n’è assoluto bisogno. La povertà del linguaggio, la mancanza di cultura che oggi annebbia le menti di coloro che si ritengono potenti e liberi di trasgredire, e senza retorica alcuna, aberrante. Ci vogliono parole scritte che riscattino. Come fa nella narrazione Trina cercando di crescere nella vita per combattere il fascismo. Per combattere i fascismi.
La storia di Trina e della sua famiglia si svolge in Sud Tirolo, terra di confine, dove in fondo al lago si trovano i resti di Curon. “Soltanto il Campanile emerge”, simbolo di una tragedia immane, ma anche di un riscatto possibile. Una storia, quella di Trina, che nasce lì sulle rive del lago, ma coinvolge idealmente tutta l’Italia. Trina perde la figlia scomparsa nel nulla proprio nel periodo in cui il Duce mette a ferro e fuoco il Sud Tirolo e tenta in ogni modo di cancellarne l’identità.
Trina invoca la figlia, le scrive lettere “come se lei fosse li ad aspettarla”, finché la guerra travolge ogni cosa e Trina segue il marito sulle montagne per difendere tutto ciò che le resta. Le restano le parole, nobilissime ed umane, alle quali, appunto, si aggrappa pur nella disperazione, con il coraggio di chi sa di essere nel giusto. Lei, che volle essere madre e che avrebbe voluto insegnare. Lei, a cui
Mussolini tolse questo sogno. Marco Balzano è un finissimo sceneggiatore. Muove i suoi personaggi grazie a quella saggezza e sensibilità che si porta dentro fin da quando era ragazzo.
Insegnante e narratore. Regista di una vita e di un’epoca che ha fatto sua e dalla quale ha tratto insegnamenti che non si devono cancellare. Marco, con le sue pagine di una narrazione incomparabile, giorno dopo giorno, capitolo dopo capitolo, ti conduce in mezzo alle valli, alle montagne, di una Italia fragile, dove tutto si sfalda, si scioglie, la terra si sbriciola, esattamente come in quegli anni in cui l’acqua ebbe il sopravvento. 
Oggi come allora, i nostri sogni sembrano cadere sotto le picconate di una colpevole ignoranza. Ci sono però le parole con le quali bisogna fare i conti, quelle dettate da nobiltà d’animo e dal buon senso che, ci auguriamo, possano far parte di una nuova narrazione. “Resto qui” è un racconto di straordinario vigore introspettivo, frutto di una prodigiosa fantasia, arricchita da episodi tramandati dai vecchi di Resia e Curon, da esperti, storici, geologi, ingegneri, da cui Marco ha tratto insegnamento per analizzare una parte tragica della storia italiana, altoatesina. Là sui monti ai confini tra Svizzera e Austria, luoghi della dolorosa vicenda della diga che negli Anni 50 seppellì sotto un manto d’acqua verde chiara la comunità di Curon. Agli orrori del fascismo, del nazismo, alla storia di Trina, della sua famiglia, ai patimenti, ai sogni infranti, il narratore guarda con gli occhi di un ragazzo che rimprovera alla storia atroci misfatti e ammonisce i governi affinché non la ripetano.
Un narratore che ci ha introdotto nella vita della Val Venosta, che lui stesso ha conosciuto soltanto nel 2014, per parlarci dell’Italia di ieri e di oggi. 
Ci sono analogie che suscitano preoccupazioni, superficialità che inducono a riflettere. Soltanto nelle ultime pagine del romanzo Marco Balzano ci dice che la fantasia galoppa tra verità e realtà romanzesca, così come succede ad ogni romanziere, che il riferimento a personaggi e alle cose è puramente casuale. Ma narra così bene che ci sorge il dubbio: e se non dicesse la verità? Ci chiediamo infatti: ma com’è possibile che la fantasia sveli un linguaggio così profondamente colto e popolare al punto di dipingere dialoghi, caratteri, pensieri, battute, atmosfere, analisi politiche e decise condanne insegnandoti nel contempo che se ne possa scrivere con… indescrivibile levità ed eleganza.