di Giuseppe Giorgio

NAPOLI. Com’è bella la Matilde Serao di Chiara Baffi (nella foto) vista al Ridotto del Mercadante! E come sono belle la stesura drammaturgica di Maricla Boggio e la regia di Fortunato Calvino! Per il pubblico, per il primo dei tre allestimenti del progetto prodotto dallo Stabile di Napoli-Teatro Nazionale, intitolato “Matilde Serao e Il ventre di Napoli”, sessanta minuti di soffusa magia. Un’intensa ora capace di riportare in vita, tra narrazione, immagini e interventi recitati, colei che meglio di tutte le donne della sua epoca, seppe incarnare la denuncia e la sofferenza del popolo napoletano. E così in scena con coinvolgente intimismo e vigore interpretativo, l’attrice Chiara Baffi, calandosi nei panni della famosa scrittrice e giornalista partenopea, fondatrice insieme al marito Edoardo Scarfoglio del quotidiano “Il Mattino”, evoca accortamente le gesta della donna e della professionista della penna, intenta, tra drammi personali e lotte, a riportare nei suoi romanzi e nei suoi articoli gli eterni mali di una Napoli sofferente. E con essi, i motivi della atavica povertà di una terra incompresa, le malefatte di un Governo connivente, la paura per il Vesuvio con le sue eruzioni fustigatrici e la devozione, come ultima forma di speranza e attaccamento identitario, verso il patrono San Gennaro. Passando in rassegna con attenta sintesi l’ascesa professionale della Serao, il suicidio dell’amante del marito Scarfoglio, il suo aspetto di mamma, la sua tenacia giornalistica, le sue illustri amicizie e il suo formidabile temperamento di cronista e femmina anticipatrice dei tempi, il testo della Boggio consegna al regista Calvino e all’interprete una grossa opportunità per portare in palcoscenico, tra memorie, pagine famose e articoli di cronaca, un emozionante viaggio in una Napoli immutabile nei secoli. Rinascendo per incanto nei sessanta minuti dell’atto unico che si conclude all’improvviso come una fiction, la Serao, impossessandosi del corpo dell’attrice Baffi, quasi guidandola attraverso il regista Calvino in una forma di recitazione affatturante, ha la grande possibilità di ribadire, oltre un secolo dopo, le sue denunce contro i tormenti di una città affidata a gente senza scrupoli e senza cuore. Ben lasciando emergere il grande intuito della famosa giornalista napoletana e ben evocando la straordinarietà della sua grande epopea, il lavoro riesce a proiettare il pubblico tra quegli stessi vicoli maleodoranti di una Napoli da sventrare, lasciando presagire l’immutabilità di una situazione fatta di degrado, delinquenza e malgovero, ancora viva nel nostro presente. Tant’è che partendo dall’avventura terrena della prima donna italiana capace di fondare e dirigire un quotidiano e dalle sue parole accuminate, l’autrice Boggio, il resista Calvino e Chiara Baffi, avvincente protagonista aiutata in scena dalle apparizioni di Emanuele D’Errico e Dario Rea, fanno in modo che tutta la messinscena si trasformi in una sorta di documentario storico e drammaturgico. In una passionale dichiarazione basata sull’essenza e sulla testimonianza di un grande personaggio e di un pensiero capaci di andare al di là del tempo e della vita.