L’art. 11, primo comma, del d.lgs. n 74/2000, e successive modifiche, recita: “È punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l'ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni. È punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila. Se l'ammontare di cui al periodo precedente è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni”. Del reato sono coinvolti tutti i soggetti che concorrono a tale attività. La norma in questione a differenza della precedente, non stabilisce il momento in cui si verifica tale reato , o per lo meno non lo lega ad un eventuale attività accertatrice, di fatti non richiede che siano iniziate o siano in corso attività di verifica o di accertamento né tanto meno che sia pendente una procedura di riscossione. La fattispecie incriminatrice si instaura con la condotta idonea a rendere in tutto o in parte inefficace una procedura di riscossione coattiva. Pertanto, il legislatore configura in questo attuale decreto, il reato di pericolo e non di danno , non essendo più richiesto l’effetto di vanificare realmente la procedura di riscossione coattiva, ma essendo sufficiente solo la idoneità della condotta fraudolenta a raggiungere questo effetto. Il reato si consuma quindi con il perfezionamento dell'alienazione simulata o dell’operazione fraudolenza, e non è rilevante che l’attività posta in essere abbia o non realizzato il fine programmato dal debitore, pertanto eventuali ravvedimenti potranno rilevare solo sotto il profilo delle circostanze attenuanti, nell’ambito della quantificazione della pena. Il reato può quindi perfezionarsi anche prima che venga iniziata una attività di verifica o di riscossione e resta anche nel caso di successivi pagamenti spontaneo delle imposte dovute (a seguito, ad esempio, di un ravvedimento operoso o di una definizione in adesione degli avvisi di accertamento). Particolare attenzione devono prestare i professionisti che seguono i contribuenti, in quanto potrebbero trovarsi coinvolti, nel procedimento a carico del cliente perché a conoscenza sia dell’occultamento di base imponibile o dell’omesso pagamento di imposte che della effettuazione di operazioni di natura potenzialmente sottrattiva (donazioni/trust/fondo patrimoniale). I casi tipici di condotte impeditive al fisco di recuperare le imposte evase è rappresentata dalla vendita simulata di beni immobili, quote societarie, cioè il contribuente resosi conto di non adempiere al pagamento delle imposte , ed evitando le azioni del fisco, cede a mezzo artifici o con condotte simulate i beni che cmq rimangono sempre nella propria disponibilità. Una recente sentenza di Corte di Cassazione, sezione penale, stabilisce che anche in pendenza di procedura di riscossione esattoriale, la richiesta inoltrata dal titolare di un conto corrente nei confronti del proprio istituto di credito di trasformare le giacenze del c/c in assegni circolari, al fine di evitare il pignoramento delle somme disponibili sul conto , integri senza dubbio l’elemento oggettivo del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte disciplinato dall’art. 11 del D.lgs. n. 74/2000. Anche il reato su menzionato rientra nei reati tributari , dove è possibile realizzare da parte dell’Amministrazione Finanziaria, il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, con riferimento all’imposta evasa, e per la quantificazione di questo risparmio, deve tenersi conto anche del mancato pagamento degli interessi e delle sanzioni dovute a seguito all’accertamento del debito tributario.