Il cancro al seno è una forma tumorale molto ben contrastata, soprattutto quando diagnosticata in tempo, con tassi di successo molto elevati. Talvolta, però, accade che un decorso ottimale conduca ad una successiva riemersione della patologia che sembrava essere stata debellata. Grazie ad un lavoro pubblicato su EMBO Molecular Medicine, che ha coinvolto l’Istituto Europeo di Oncologia, l’Istituto Firc di Oncologia molecolare (IFOM) e l’Università Statale di Milano (UNIMI), a cui ha contribuito anche l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC), sarebbe stata trovata la causa di questa resistenza alle terapie mediche. Gli studiosi, infatti, hanno individuato nelle cellule staminali le responsabili delle recidive della patologia. Quando una paziente viene sottoposta a terapie antitumorali le cellule malate vengono eliminate facendo così regredire la patologia. Purtroppo, però, le tecniche tradizionali non riescono ad aggredire le staminali del tumore stesso che, poco tempo dopo aver terminato i cicli chemioterapici o radioterapici, danno luogo ad un nuovo insorgere della malattia.Proviamo a sintetizzare la dinamica. Nelle cellule c’è un gene denominato NUMB: se questo risulta danneggiato, a “cascata” vi è una diminuzione di una proteina denominata P53. Questa svolge il ruolo fondamentale di contrastare e fermare il processo di crescita di un tumore. Un farmaco in grado di contrastare questa dinamica è il Nutlina-3 che però ha gravi controindicazioni, avendo un alto tasso di tossicità. Daniela Tosoni, Ricercatrice presso il Programma di Medicina Molecolare dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO), e prima firmataria dello studio, spiega l’azione del farmaco: «Noi abbiamo scoperto che un farmaco, la Nutlina- 3, ha come bersaglio specifico le cellule staminali e l’abbiamo associato al Paclitaxel, un comune chemioterapico. I risultati ottenuti nel modello preclinico dimostrano che questa combinazione aumenta la risposta del tumore alla chemioterapia e ostacola la ripresa di malattia dopo la sospensione del trattamento ». Pier Paolo Di Fiore, direttore del Programma di Medicina Molecolare dello Ieo, Group Leader all’Ifom e professore all’Università di Milano, è fiducioso in merito all’aspetto riguardante la tossicità: «Ha dimostrato di essere tossico, ma noi siamo convinti di poter abbassare le dosi a livelli che probabilmente non creano problemi. Questo sarà il prossimo passo della nostra ricerca, per poi se possibile passare ai trial sull’uomo. Unire la chemioterapia tradizionale alla Nutlina potrebbe essere la strada migliore per battere il tumore al seno. Questi farmaci sono efficaci solo quando p53 è presente in quantità scarse senza avere mutazioni genetiche. Questo avviene in oltre la metà dei tumori del seno. Ma non abbiamo il quadro esatto della situazione per gli altri tipi di cancro». La sfida, dunque, per usare parole dello stesso Di Fiore, sarà quella di ristabilire livelli normali di P53 in modo da tenere sotto controllo le staminali, sperando che la presente tecnica trovi al più presto il suo successo e possa essere mutuata anche per altre forme tumorali. mi_sa@inwind.it