L’anno bisestile è appena passato, con i piatti e i botti dovrebbero esser andati in frantumi anche i malefìci di cui per antica credenza è portatore. Qualche colpo non deve esser andato a buon fine oppure, ben più probabile, tra la fine ed il principio dell’anno nulla o poco cambia, in specie se si tratta di cattiva sorte oppure, ancora, è il 17 a portar disgrazie. La malasorte si cela dietro un “anonimo” lampeggiante sul display dello smartphone e trova complicità in un attimo di debolezza, giusto quel secondo sufficiente al pollicione per far slittare la cornetta verde: “Pronto, qual buona nuova mi vuole annunciare?” “Sono Carlo, l’amico di Nicola. Mi ha detto che sei a Lucca. Ceniamo insieme?”. Deposti subito i propositi di una riflessiva serata al cinema, confidando nella mangioneria del buon Nicola, presagisco una serata di grancassa e plurimi stappi. “Prenota tu, mi fido”, conclude Anonimo Carlo, ribattezziamolo così, per ora. La prospettiva pare ottima, uno che si fida e affida. Il Mecenate è una bella e pulita osteria nei pressi della poco nota piazza San Francesco, lungo il fossato che attraversa Lucca, entro le mura. Un’antica insegna di rinomata lavanderia dissimula il nuovo e godereccio uso cui sono adibiti i locali, in coerenza con l’austerità che pare essersi assegnata come missione la peraltro bella cittadina. Menù ricco di prelibatezze indigene, produzioni rare e di qualità, salumi, legumi, cereali, formaggi, paste. Si sfogliano le pagine non già per indecisione ma per capire quanti fori di cintura occorrerà liberare di lì a un paio d’ore. Mentre il calcolo occupa la meditazione giunge a far sussultare al pari di un allarme aereo l’eco di una frase: “non prendo l’antipasto, altrimenti finisco per non mangiare altro”. Lo sguardo impaurito cerca di trovare la bocca sacrilega che ha pronunciato la diabolica frase in altro tavolo. La ricerca si infrange, invece, sul volto del commensale. Prende corpo e forma l’ipotesi di una serata triste. Occorre assumere con immediatezza le redini della situazione, piazzando una comanda completa dall’antipasto al dolce. Tentativo vano. “Mangi tutto questo, sei sicuro? Ordiniamo un paio di cose poi si vede”. Il sangue ribolle e giusto il rispetto per il comune amico induce ad acconsentire. Non bisogna cedere di un millimetro in questi casi, invece. L’arrendevolezza è l’inizio del tracollo che si manifesta nell’ordine di una mezza porzione di secondo e di un litro di vino della casa. Abbiamo più volte ironizzato in questa rubrica sui fuffagourmet da masterchef, sui cultori del pornofood, sui mangiatori inconsapevoli e ignoranti. Facciamo ammenda, c’è di peggio: il parco assaggiatore di mezze porzioni, il modesto entusiasta bevitore di parimenti modesti anonimi vini violacei. La maestria culinaria del Mecenate, la sapiente proposizione di una cucina territoriale di alto livello, l’efficienza del servizio, la cura dei dettagli, il bell’ambiente, restano oltraggiati da una figura sinora a noi, frequentatori di commensali ingordi, sconosciuta: il penitente da ristorante. Che si tratti di una penitenza è provata dal ripudio del dolce. “Mica vuoi il dolce?”. Colui che pronunci un simil quesito al termine di una cena andrebbe tradotto in cella per direttissima. Terminare una cena senza formaggi e senza dolce è una vera iattura. Si abbandona la sala incattiviti, incazzati neri, furiosi. Non a caso, nell’inserire una violenta retromarcia, quella sera ho divelto il pomello del cambio. Il generoso penitente da ristorante con grande eleganza ha saldato il conto prima ancora che potessi pensare di ordinare qualcos’altro. Atto generoso, ma malevolo. A quell’ora, tra l’altro, la triste Lucca non offre la possibilità di alcun riparo, bar e pasticcerie chiusi da ore. Resta il rifugio del mcFlurry. E poi dice che McDonalds non abbiano la loro utilità. Il Mecenate via del Fosso, 94 - Lucca www.ristoranteilmecenate.it (assicurarsi buona compagnia)