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MERCADANTE

“Masquerade”, ammalia e diverte lo spettacolo diretto da Rimas Tuminas

di Teresa Mori

NAPOLI. Al teatro Mercadante una prima assoluta per l’Italia. Il capolavoro russo “Masquerade” (nella foto una scena) - per la regia di Rimas Tuminas, direttore del Teatro Vakhtangov di Mosca - piace perché ammalia e addirittura diverte, nonostante l’ostacolo linguistico.

l’amore e la sua allegoria. In scena una compagnia di 20 interpreti che raccontano un dramma dalle tinte festose. Ogni personaggio è parte di un sistema che ha in mano la ricetta della propria felicità, ma tutto è legato all’altrui volere, sempre contrario. Gli amori sono impossibili e quando non lo sono svaniscono presto come pozzanghere al sole estivo. La disperazione e la rassegnazione prendono piede da subito seppur velocemente si tramutano in festa, baldoria estenuante. È come se in quei corpi fluttuanti in scena non ci fosse veramente la vita. È come se i protagonisti vivessero di miraggi. “Masquerade” è, in sostanza, il racconto che Lermontov e poi Rimas Tuminas riserva all’amore e alla sua allegoria. Tutti i personaggi sono mossi dall’amore e dall’irrequietezza, perché i russi, di fronte alla vita, all’amore non riescono a scegliere l’azione o la parola giusta, il giusto meccanismo per non rovinarsi. Loro non riescono perché non vogliono scegliere, non vogliono sottrarre parole, emozioni e sensazioni ai propri sentimenti. Vogliono tutto e lo vogliono contemporaneamente. 

il tema della gelosia e dei suoi effetti. Un’opera questa di Lermontov che spesso è stata allineata all’“Otello” scespiriano. In effetti ciò che accomuna i due lavori è il tema della gelosia e dei suoi effetti: di come, cioè, posto un assunto incredibile - l’immotivata gelosia - da essa non possa che derivar che sangue e lacrime; perché se Otello è tragedia che s’avvita su se stessa, chiusa ad ogni barlume possibile di speranza, nel caso di “Masquerade” sperare in un mondo più giusto e migliore è possibile grazie al tempo e alla novità delle generazioni che si susseguono e ad una nuova generazione politica che sta per arrivare.

divertissement d’altri tempi. Un grande lavoro sul significante è fatto altresì grazie alle scene (di Adomas Jacovskis) che ritraggono una misteriosa San Pietroburgo: bastano alcune statue e qualche fiocco di neve e l’incanto è raggiunto. C’è poi la musica pronta a sottolineare ogni istante significativo che diventa protagonista indispensabile, sovrapponendosi al significato della parola. Le pause vengono mantenute, sottolineate e si trasformano in svolta emotiva e quindi in azione, portando con sé un apice di ritmo. Tutto questo assieme restituisce un bellissimo quadro, un divertissement d’altri tempi, uno specchio in cui si può scorgere riflessa l’incapacità umana di essere felici. Può essere una visione sgradevole, perché è duro fissare negli occhi la propria anima. Ma gli specchi hanno un lato salutare: se quello che appare non ci piace, possiamo almeno tentare di cambiarlo. 
Da stasera, dopo il successo di critica e pubblico ottenuto al suo debutto, va in scena “Intrigo e amore” con la regia di Marco Sciaccaluga. Si replica fino a domenica.

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