ROMA. Il reato di disastro contestato all’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny nel processo Eternit risulta prescritto «antecedentemente alla pronuncia della sentenza di primo grado». È quanto scrive la prima sezione penale della Cassazione, nelle motivazioni della sentenza sul caso amianto. La consumazione del reato di disastro, spiegano infatti i giudici di piazza Cavour, «non può considerarsi protratta oltre il momento in cui ebbero fine le immissioni delle polveri e dei residui della lavorazione dell’amianto prodotti dagli stabilimenti della cui gestione è attribuita la responsabilità all’imputato: non oltre, perciò, il mese di giugno dell'anno 1986, in cui venne dichiarato il fallimento delle società del gruppo, venne meno ogni potere gestorio riferibile all’imputato e al gruppo svizzero e gli stabilimenti (tra i quali quello di Bagnoli a Napoli ndr), cessarono l’attività produttiva che aveva determinato e completato per accumulo e progressivo incessante incremento la disastrosa contaminazione dell’ambiente lavorativo e del territorio circostante».