NAPOLI. «Napoli è mille culure e io voglio dedicare questo concerto a un caro amico e un grande artista, viva Pino Daniele», con queste parole Vasco Rossi dedica l'intera serata al padrone musicale e morale del San Paolo, lo stadio di Pino e Diego. Per questa sera stop alle polemiche, parla la musica, parla il Komandante, canta Vasco Rossi insieme ai 60mila spettatori accorsi al San Paolo. Il sole ha picchiato duro nei giorni scorsi ma ieri ancora di più mettendo a dura prova le centinaia di ragazzi accorsi fin dal mattino e che hanno trovato giustamente a precederli quel manipolo di “ironman” che si sono accampati fuori lo stadio 4 giorni prima. Qualche inevitabile colpo di calore prontamente gestito e superato e tutti sul “prato ricoperto” a vivere questo momento di incontro nella maniera più passionale e completa. Il vero spettacolo è il pubblico, sono arrivati da tutta la Campania, qualche centinaio anche da altre regioni, qualcuno segue in tenda tutto il tour , il loro amore per Vasco è reso manifesto dalle decine di striscioni che tappezzano lo stadio. Il San Paolo è uno spettacolo unico, una cornice ideale per il dvd che è stato registrato durante il concerto. Sono venuti in quasi 60mila, hanno riempito ogni settore e logicamente il prato della discordia; alle 2130 tutto lo stadio si illumina di migliaia di flash di telefonini e tablet, effetti speciali spettacolari per l’ouverture, sulle note della maestosa suite “Zoya” di Dmitri Shostakovic:  8 enormi pod costellati da una miriade di fari, si alzano dal palco come fossero un sipario, scoprendo la band e Vasco al centro, fino a creare un  tetto luminoso. Scene da raduno rock d'altri tempi, con mutandine e reggiseni lanciati sul palco, e fans ad ascoltare l'idolo a seno nudo.

IL ROCKER “PICCHIA DURO”. L’attacco è duro, “Sono innocente ma..”, “Duro incontro” e “Deviazioni” (“credi che basti avere un figlio, per essere un uomo e non un coniglio”, l’album è il mitico Bollicine, 1983). ”Quanti anni hai” è un coro assordante di tutto lo stadio; ”Siamo soli" é un urlo multigenerazionale. Il primo blocco si compone di 11 brani che si susseguono con un filo sottile che li lega uno all’altro, fino a “Credi davvero”, la seconda sorpresa (ripescata dal rivoluzionario album “Vado al massimo”, del 1982). Parte subito dopo “Guai” la hit radiofonica del momento che già tutti conoscono a memoria. Il blocco si chiude con una divertentissima “Blues della chitarra sola” che dal vivo si conferma essere uno dei pezzi forti dell’album, pur essendo molto simile a “Una favola antica” dello stesso Vasco.

IL DIALOGO TRA LE CHITARRE. Potente e continuo il dialogo tra le due chitarre, Stef Burns e Vince Pastano, il basso dell’inconfondibile Gallo (al secolo Claudio Golinelli) e la batteria di Will Hunt.  Vasco si destreggia sicuro tra di loro e lascia spazio e visibilità quando i musicisti propongono Interludio 2015 e Rockstar. Il secondo blocco riserva un’altra sorpresa e una novità di straordinaria intensità emotiva: una parentesi unplugged che vede protagonisti Vince Pastano alla chitarra acustica e Golinelli al contrabbasso. Vasco al centro interpreta  “Nessun pericolo per te”, “E..”, “L’una per te” e  “La noia”. Durante l’esecuzione si avvicinano gli altri componenti della band: Clara Moroni, ai cori, Stef con la chitarra acustica,  Andrea Innesto al sax e Frank Nemola alla tromba. Dieci minuti di emozioni allo stato puro per un segmento che si chiude con la power ballad “Quante volte”, brano portante dell’album. Si torna ai muscoli e al rock con alcuni cult come “Stupendo”, “C’è chi dice no”, “Sballi ravvicinati” , “Vivere” per concludere con “Come vorrei”, ancora una hit nuova e  l’immancabile “Gli angeli” dedicata al suo amico manager Marco Lolli scomparso nel 94. Un intenso medley prog rock sulla base di “Delusa” intreccia “T’immagini”, “Mi piaci perché” e “Gioca con me”. La dirittura finale è il sognante saluto che il Blasco riserva al San Paolo, si compone di tutte hit, a cominciare da “Sally” per finire con “Siamo solo noi”, “Vita spericolata” e “Alba chiara”. Gli applausi, le lacrime di commozione, il sudore che gronda, gli abbracci, le risate e la lunga serata del Komandante giungono alla fine. Finisce la musica la parola torna alle polemiche che ricominceranno appena si smonterà il palco.