NAPOLI. «Mi ricordo che Paky mi muoveva la testa per farmi fare sesso orale, io cercavo di togliermi, lui diceva “statti zitta” e continuava a muovermi la testa. Io continuavo perché avevo paura, c’erano tutti i suoi amici e di solito avevano sempre delle cazzottiere nei marsupi, avevo paura che potevano usarle». Schegge di puro orrore, quelle messe a verbale dalle due bimbe di Caivano vittime l’estate scorsa di una brutale violenza sessuale di gruppo. Eppure proprio grazie alla loro coraggiosa testimonianza l’inchiesta sulla paranza del Parco Verde ha spiccato il volo in tempi estremamente rapidi, culminando all’alba di ieri nell’esecuzione di nove misure cautelari. A finire in carcere sono stati infatti sette minorenni e due maggiorenni, il 19enne Pasquale Mosca e il 18enne Giuseppe Varriale. A condurre le indagini, sotto il coordinamento della Procura di Napoli Nord e di quella per i Minorenni di Napoli, sono stati i carabinieri, i quali hanno ricostruito con estrema precisione i terrificanti fatti avvenuti tra giugno e luglio scorsi. L’inchiesta ha preso piede grazie a una segnalazione anonima arrivata su Instagram al fratello di una delle vittime, due cuginette di appena 10 e 12 anni: «Apri gli occhi con tua sorella perché ha dei video sporchi con dei ragazzi, io sono un tuo amico». È stato questo messaggio a scoperchiare il vaso degli orrori che da mesi si perpetravano a Caivano. Dopo avere ricevuto questo avvertimento, il ragazzo ha infatti lanciato l’allarme e i genitori del le bimbe hanno acquisito le prime informazioni dalle figlie, le quali, inizialmente, riferiscono solo una parte degli abusi di natura sessuale subiti, ma parlano anche di minacce, violenze e dei video girati dai ragazzi di nascosto e senza consenso. Queste dichiarazioni si trasformeranno poi in una denuncia formalizzata ai carabinieri che poi, nel corso delle indagini, identificano come responsabili della registrazione dei video due ragazzi - un minorenne e un maggiorenne - configurando per loro la produzione di materiale a contenuto pedopornografico. I video ritenuti di interesse investigativo sono complessivamente cinque, individuati sui dispositivi sequestrati agli indagati: due hanno contenuti identici, uno è stato registrato invece durante una videochiamata che in diretta riprendeva gli abusi sulle cuginette. Le violenze si sarebbero consumate in due diverse location: una “capanna abbandonata” all’interno della villa comunale e in una “casupola” situata nella zona dei “Cappuccini”. L’escalation di orrori è invece iniziata quando una delle vittime ha deciso di intrattenere una relazione con uno dei minorenni: «L’aveva contattata tramite TikTok chiedendole di uscire e lei (il riferimento è alla bimba di 10 anni, ndr) aveva accettato l’invito. Il ragazzo a quel punto aveva esplicitato il proprio desiderio di avere rapporti sessuali, sia vaginali che orali, con lei e la ragazza aveva acconsentito perché, ha affermato, “pensavo che avremmo potuto cominciare una relazione e temevo che se avessi detto di no non mi avrebbe più frequentata”». È l’inizio di un incubo che andrà avanti per oltre due mesi.
Al primo appuntamento ne segue un altro e la ragazzina viene persino presa a sassate prima di essere costretta a seguire l’aggressore nella capanna. Dalla lettura dell’ordinanza di custodia cautelare emerge un racconto da brividi, fatto di rapporti sessuali completi e non consenzienti, il tutto davanti agli componenti della gang. A questo punto le ragazzine decidono di cambiare giro, spostandosi dalla villa comunale alla zona dei “Cappuccini”, ma il copione si ripete, stavolta con una seconda comitiva di balordi: «Un giorno Paky le aveva sottratto il telefono e usandolo come esca l’aveva costretta a seguirlo fino a una casetta abbandonata. Lì l’aveva costretta a “prendere il suo pis...o in bocca” e a praticargli sesso orale». Il 3 agosto partono i primi rilievi sulle scene del crimine e a seguire le due ragazzine identificando tutti i nove aguzzini, mettendo fine all’ennesimo orrore di Caivano.