di Mario Mandile, Sara Landolfi, Simona Stefanelli, Alexis Agustin

Lorenzo Marone, autore del libro “Un ragazzo normale”, incontra gli studenti delle medie in Biblioteca Nazionale. È l’occasione per parlare in maniera approfondita del suo ultimo successo.

Nel  libro c’è una riflessione molto efficace: “una frase scritta vale più dei gesti e delle parole”. Quanto è importante questa frase?

«Il valore della parola scritta è importante, cosa che si è persa nel tempo. È un valore universale: quando riesci a scrivere  delle storie è tutto. Per me la scrittura ha un valore terapeutico, che in qualche modo mi ha salvato e mi ha anche permesso di conoscere la persona che ero, conoscere la parte di me familiare, quindi porre me stesso a comunicare attraverso la parola scritta. Per provare la scrittura devi essere sensibile, devi avere una certa profondità».

Dopo la sua carriera da avvocato come mai ha scelto di diventare uno scrittore?

«Non mi piaceva fare l’avvocato e mi ritengo fortunato ad aver avuto successo come scrittore»

Secondo lei come si è evoluta la malavita organizzata dagli anni in cui è stato ucciso Siani a oggi?

«Dicono che prima c’erano i padrini, all’epoca di Siani c’era Gionta e Cutolo, cioè la malavita organizzata. Oggi tutto questo non dovrebbe esserci più però c’è. Io dico sempre che Napoli cambia per non cambiare mai. Forse ci sono meno grandi capi di una volta però la criminalità è uguale, oggi si parla tanto di baby gang ma Siani, 30 anni fa, parlava di “muschilli”. Secondo me il problema della malavita a Napoli rimarrà sempre uguale finché non si interviene alla radice, non solo con la repressione, l’assistenza e con l’educazione ma anche con lo stato, quando deciderà di prendere qualche provvedimento».

Nel suo romanzo lei inserisce una storia inventata su quella vera di Giancarlo Siani. Come ha pensato al personaggio di Mimì e la sua famiglia?

«Perché volevo parlare di adolescenza, vestirmi nei panni di un ragazzino e immergermi nel mondo di Mimì, personaggio dal carattere molto diverso dal mio ma la cui infanzia rispecchia quella che ho vissuto. Per questo motivo ho voluto parlare di questa famiglia tipicamente napoletana».

Perché ha scelto come protagonista Mimì, personaggio insicuro e atipico?

«Oggi un bambino come Mimì lo chiameremo nerd però in realtà è un ragazzo molto curioso, che cerca di sapere sempre nuove cose, con le sue grandi passioni e alla fine riesce a costruire il suo piccolo mondo. Servirebbero più ragazzi come Mimì, che hanno una guida interiore nonostante difficoltà e problemi familiari, ragazzi che riescono comunque a inseguire i propri sogni e a costruirsi una vita attraverso la cultura che è ancora oggi uno strumento capace di crearla».

Si rispecchia in alcuni aspetti di Mimì o di altri personaggi?

«Mi rispecchio molto in lui per le passioni che ha ma, in fondo, siamo completamente diversi»

Perché, tra tante persone morte a causa della camorra, ha scelto proprio Giancarlo Siani?

«Giancarlo è un grande, perché è cresciuto nel nostro quartiere, perché è stato colui che ha cercato di combattere la mafia, perché, con tutte le difficoltà e le minacce che riceveva ogni giorno, era comunque una persona disponibile e solare. A Napoli Giancarlo Siani è un faro, un ragazzo  come Mimì, che aveva un bagaglio interiore che gli ha permesso di compiere scelte decisive. Sentivo l’esigenza di parlare dell’adolescenza, cercare di descrivere la situazione di qualcuno proteso verso il futuro. “Un ragazzo normale” è un omaggio all’adolescenza, all’amicizia ed alla famiglia. La vita di Siani si è sviluppata a pochi isolati da casa mia».

Perché definisce Giancarlo Siani “un ragazzo normale”?
«Siani non era un eroe, era un ragazzo normale come Mimì. Un ragazzo che grazie alla grande passione per il lavoro, per la verità, grazie alla sua tenacia ed al suo coraggio è riuscito a compiere delle scelte da eroe. Da questo è nata l’idea per il romanzo che poi si sviluppa su due piani: uno sulla vita di Mimì nella sua famiglia e un altro sul rapporto tra questo ragazzino e il giornalista che con la sola penna e con la “Batmobile” combatte il male.Mimì ama le scienze, la letteratura, colleziona necrologi, è un ragazzino strano amante del sapere ma la sua è anche una sovrastruttura che si costruisce per farsi accettare dal mondo, sente la necessità di trovare un punto di riferimento avendo una famiglia che lo accoglie ma non lo comprende».