di Ivano Avolio

NAPOLI. I Baustelle tornano a esibirsi dal vivo a settembre per un concerto esclusivo alla XXIII edizione del festival “Pomigliano Jazz in Campania”. Dopo il successo dei tour dedicati alla presentazione delle canzoni dell’ultimo album “L’amore e la violenza vol. 2”, entrato ai vertici della classifica di vendita e preceduto dal singolo “Veronica, n.2”, domani alle ore 20.30 la band toscana porterà in scena all’Anfiteatro romano di Avella uno show unico e particolare con la partecipazione straordinaria dell’Onj-Orchestra Napoletana di Jazz. Con l’ensemble diretto da Mario Raja, i Baustelle dialogheranno in alcuni momenti del concerto, riarrangiando vari brani del loro repertorio con l’ausilio di una intera sezione di fiati. E così, accanto ai loro classici e ai brani dei due volumi “L’amore e la Violenza” troveranno spazio sorprendenti rivisitazioni di “Le rane”, “La guerra è finita” o “Il Minotauro di Borges”, solo per citarne alcuni. 
Sul palco con Francesco Bianconi (voce, chitarre, tastiere), Claudio Brasini (chitarre) e Rachele Bastreghi (voce, tastiere, percussioni), ci saranno Ettore Bianconi (elettronica e tastiere), Sebastiano de Gennaro (percussioni), Alessandro Maiorino (basso), Diego Palazzo (tastiere e chitarre), Andrea Faccioli (chitarre), oltre ai 12 musicisti dell’ONJ per una performance speciale e irripetibile. Gianfranco Campagnoli, Matteo Franza, Nicola Coppola e Mauro Seraponte (tromba); Alessandro Tedesco, Raffaele Carotenuto e Antonio Di Somma (trombone); Marco Zurzolo e Vincenzo Saetta (sax contralto); Enzo Nini e Giulio Martino (sassofono tenore); Nicola Rando (sassofono baritono).
Il tema “amore e violenza” non era completo, basta un secondo volume o la serie potrebbe proseguire?
«La serie potrebbe continuare all’infinito, perché Amore e violenza potrebbe stare bene a qualsiasi album registrato dai Baustelle. Quello che non era esaurita è la voglia di scrivere canzoni, abbiamo scritto le musiche dei nostri grani già durante il precedente tour».
Rimandi sonori agli anni ’70-’80, da qualche parte ho sentito i Goblin, Vangelis, elettronica analogica per così dire...
«Si è vero, ed è quello che dall’estero continuano a invidiarci. C’è stato un suono italiano bello, sparso tra i decenni ’60-’70-’80, c’erano una serie di compositori italiani di musica da film, da noi accantonati scoperti prima all’estero e poi da noi rivalutati. Noi quell’amore per quel tipo di libertà compositiva che c’era in quel periodo ce l’abbiamo sempre avuta fin dalla ostra nascita, fa parte del nostro Dna».
Musicalmente e testualmente le vostre composizioni dialogano con una platea colta, o quantomeno curiosa di andare a cercare su Internet il Minotauro di Borges...
«Scriviamo canzoni che presuppongono un’attenzione, predispongono il pubblico alla curiosità. Non ci siamo mai riferiti ad un determinato tipo di pubblico o ci siamo detti facciamo musica colta, però mi rendo conto che certe canzoni presuppongono una fatica interpretativa che potrebbe operare una selezione naturale nel pubblico oppure attivare la curiosità di ricerca e comprensione».
Sono andato a verificare se avevate già scritto una canzone titolata “Veronica”...
«Abbiamo titolato “Veronica n.2”, perché è la seconda canzone dedicata a Veronica, anche se la prima non meritava di essere incisa e l’abbiamo cestinata».
A parte la violenza fisica, l’amore è un sentimento violento, che genera emozioni e sensazioni violente...
«Secondo me si, a me piace però pensare ad un amore che non è violento ma è vicino all’illuminazione buddista, che coincide con l’annullamento dell’ego».
Più che di violenza stavolta cantate l’amore, anche quando finisce, anche quando è fugace...
«Mi sono dato come regola, scrivere testi che parlino solo d’amore, rispetto al volume 1 c’è meno contesto e quadretti sociologici. Quelle erano canzoni d’amore al tempo di guerra, e la guerra veniva più in superficie. Qui si parla di relazioni, qui volevo scrivere d’amore senza scadere nel melenso e nel banale».
“Perdere Giovanna” e “L’amore è negativo” evidenziano che l’amore delle canzoni ha dei limiti di argomento...
«È vero nelle canzoni si usa la visione rassicurante dell’amore, va molto di moda sia in ambito mainstream che indie, piace molto cantare d’amore in maniera rassicurante e di pancia, un tipo di canzone che non ci interessa».
Comprendere le ragioni del Minotauro in qualche modo è come dire comprendere le ragioni del violento di turno?
«Sì, è come comprendere la nostra natura bestiale, siamo potenzialmente violenti, è un modo per provare vergogna o pietà di questi istinti».