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“‘O sole mio” non basta per salvare il turismo

Opinionista: 

“Chist’è ‘o paese d’o sole...”. Naturalmente sto citando i versi della canzone napoletana più famosa di sempre, un vero e proprio inno alla straordinaria bellezza del Nostro Posto. Anzi, con ogni probabilità, “‘O sole mio” è ancora oggi il più forte veicolo pubblicitario nel mondo delle mille ragioni per le quali bisogna venire in Campania, almeno una volta nella vita. Lo ricordo al tempo del Coronavirus, delle quarantene e delle disdette che rischiano di mettere in seria difficoltà il nostro sistema turistico e tutto quello che ciò significa anche in termini economici. Ogni minuto qualcuno rinunzia a venire in Italia tanto che la prossima stagione estiva rischia di essere compromessa per via dell’epidemia, o meglio della sua cattiva gestione, in termini comunicativi prima di ogni altra cosa. E sì perché l’allarmismo, partito con il premier in maglioncino a terrorizzare gli italiani durante il pranzo della domenica - cui ha fatto seguito una significativa prova di disorganizzazione, pressappochismo e conflittualità del sistema sanitario nazionale e di quelli regionali - sta dando i suoi frutti, velenosi. L’Italia sta diventando una terra da evitare, per turismo e per lavoro. Persino Trump ha preso le distanze dal suo amico Giuseppi. Voi direte: e questo che c’entra coi classici della nostra canzone? C’entra perché, tra un po’, la vicenda del Coronavirus inizierà ad interessare meno il mondo dell’informazione - ne sono certo - ma i danni, se non si fa nulla, resteranno. E i danni sono quelli degli effetti della cattiva pubblicità sul turismo. Vi faccio il caso di Ischia. Dopo il mini terremoto del 2017, che ha interessato solo un’area di meno di 2 chilometri quadrati dell’isola, la successiva stagione turistica ha visto un’importante contrazione dei numeri degli arrivi, con un trend che è poi restato tale anche nel prosieguo. Questo è accaduto soprattutto perché, alla cattiva pubblicità del terremoto, non ha fatto seguito alcuna campagna anche solo promozionale che dimostrasse come l’isola fosse non solo sicura, ma pure perfettamente funzionante. Un vero e proprio attentato all’isola che, da sola, garantisce un terzo del Pil turistico dell’intera regione. Esattamente quello che rischia di succedere di nuovo dopo quest’altra mazzata. Specie dalle nostre parti. E torno a “‘O sole mio”. Vi pare normale che la Campania non abbia alcuna programmazione a sostegno della propria offerta turistica nel mondo? Vi sembra logico che, in 5 anni, non sia stata adottata da parte dell’Amministrazione regionale una sola - dico una sola - misura di promozione delle nostre bellezze, ma ci sia limitati solo ad una spruzzata di soldi a pioggia per finanziare fiere di castagne e salsicce? È possibile che, al tempo di internet e della globalizzazione, non esista alcuna azione da parte del governo regionale che faciliti le relazioni del nostro sistema dell’accoglienza sia coi grandi operatori turistici internazionali sia coi singoli, neppure attraverso la comunicazione “social”? E ancora. Non abbiamo interventi per la formazione del personale del comparto, né tantomeno finanziamenti per alleggerire il costo del lavoro o ammodernare le strutture ricettive. Insomma, tutto è affidato alla capacità e alle possibilità dei singoli operatori, come cent’anni fa. E allora veramente si rischia di sperare che sia un’antica canzone a veicolare ancora le vibrazioni della bellezza della nostra terra. Non può bastare. Ecco perché ritengo necessario che il prossimo governo regionale metta al centro della sua azione un intervento di sistema che sostenga in modo organico e complessivo il turismo. Abbiamo un’imponente dotazione di Fondi Europei, circa 12 miliardi di euro, che la nuova programmazione dell’Unione assegna alla Campania per i prossimi 6 anni. Invece di sprecarla o di lasciare le risorse nel cassetto - come sta accadendo, per responsabilità dell’attuale Amministrazione, con quella che scadrà il prossimo 31 dicembre - noi stiamo lavorando agli strumenti che ci consentano di usarla in modo serio e moderno, per recuperare il tempo perduto. Il Nostro Posto deve guardare al futuro, non tirare a campare grazie al suo passato.