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Anacronismo storico e paura dello ius soli

Opinionista: 

Le battaglie vinte sono quelle mai combattute. Sembra essere racchiuso in questo aforisma, lo scontro sullo "ius soli" che anima l panorama nazionale politico e sociale. La probabile scadenza primaverile di questo governo affina la furfanteria dei vari esponenti degli schieramenti a giocare una partita a scacchi, di posizione e stallo, su un argomento che risulta molto sensibile alle corde dell'opinione pubblica. In un'Italia, secondo il rapporto Ocse, con soltanto il 18% di laureati, lo "ius soli" diventa alibi credibile da offrire ai cittadini impauriti e ignoranti, nel senso che non sanno, un argomento di scontro sociale, non un motivo di riflessioni ma di irrazionali tensioni xenofobiche. In tale ottica, non va sottovalutato che i figli di immigrati nati in Italia, memori di un retaggio di povertà, s'impegnino nel raggiungere un grado di istruzione pari, se non addirittura superiore, a quello degli italiani specie in discipline scientifiche per un facile inserimento lavorativo. Il continuo ricorso alle legislazioni sul diritto di cittadinanza negli altri stati tradisce il disimpegno mentale dei vari esponenti politici, degli italiani in genere, ad interrogarsi sulla nostra memoria storica e la consolidata natura d'accoglimento che caratterizza il nostro Paese da secoli, grazie all'eredità culturale e giuridica risalente all'antica Roma. Appaiono pretestuosi, in senso bipartisan, il timore ed il qualunquismo fobico sull'escalation di violenze e crimini correlati alla massiccia immigrazione, agli sbarchi incontrollati e alle identità incontrollabili. Leggi non chiare, incapaci di regolamentare tale principio civile e troppo soggette ad interpretazioni personali, consentono ad ognuno di esprimere giudizi e sproloqui, dettati da disinformazione, xenofobia latente ed ingiustificata contraddizione su un problema ineludibile ed oggettivo, mentre il Pil nazionale riconosce all'impegno produttivo degli immigrati residenti in Italia una consistente quota d'incremento. La bibliografia storica legislativa dovrebbe invece essere interpellata, studiata ed essere aiuto tangibile per una classe dirigente specchio fedele della inadeguata e capziosa identità culturale di questo Paese che, se non si sveglierà dal sogno di una grandezza italiana, si ritroverà in una condizione sociopolitica, fra pochi decenni, simile a quella italica della Roma repubblicana. Saremo tutti in cerca di una cittadinanza perduta, anche per la drastica riduzione della natalità, che in alcune aree non scende al di sotto dello zero soltanto grazie ai residenti stranieri. I primi che dovrebbero comprendere e capire tale nuda verità sono proprio i più retrivi e recalcitranti, che in nome di un "abbasso agli stranieri" dimenticano la loro origini celtica, come Lega e simpatizzanti di una destra populista. Lo studio della storia romana dovrebbe insegnare a costoro e a coloro che ne condividono le tesi xenofobe, la duttilità politica e la sagacia amministrativa dell'antica repubblica, che riconoscendo negli anni l'importanza strategica e l'impatto economico delle cittàstato italiche prima e dei territori conquistati poi, estese in differenti momenti storici lo "ius plenum" di cittadinanza: gli antenati della Lega lo ottennero nel 49 a.C. con la Lex Roscia, e la maggioranza dei cittadini dell'impero con la Constitutio Antoniniana del 212 d.C. forse l'unica ad accettare in senso lato il fantomatico "ius soli", in contrapposizione all'antico "ius sanguinis" che prevedeva un genitore già cittadino romano. Siamo tutti figli di barbari nordici o colonie greche! La concessione della cittadinanza italiana dovrebbe fondarsi su rigide valutazioni di carattere economico e sociale, pretendendo l'imprescindibile ubbidienza alla Costituzione ed alle leggi che regolano il nostro diritto civile e penale. Niente passionalità bècere o "mal di pancia" reazionari, ma, facendo salvo il diritto di culto, un completo adeguamento al nostro costume civico ed etico di vita, senza contrabbando, con proclami elettoralistici, di un "illuminismo di maniera" così caro ai buonisti radicalchic, ma vuoto nella sostanza pratica. Un anacronismo storico, alimentato da falsi pregiudizi ideologici e basato sul postulato ambiguo che la violenza ed il decadimento della nostra società sono frutto esclusivo di "questi sporchi straccioni", vedi l'assassino di Lecce col suo background culturale familiare....