Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Aspettando il nostro Godot

Opinionista: 

Cari amici lettori, voi probabilmente vi aspettate che io v’intrattenga sui risultati delle elezioni regionali. Io credo che oggi, in Campania, un commento sia prematuro. Preferisco aspettare che Matteo Petrusiniéllo e l’ex sindaco di Salerno, entrambi esponenti del partito degli onesti (come amava dire Bassolino, che poi si è definito “povero ma onesto”), altrimenti detto “partito della legalità”, tirino fuori dal cilindro (o, se preferite, dalla manica) l’asso o l’altro oggetto misterioso che dovrebbe consentire all’impresentabile (Rosy Bindi dixit!) di governare la nostra sventurata regione. Nel frattempo ho provveduto a cambiar nome al mio gatto: egli ha preso l’abitudine di fare la cacca fuori della lettiera e allora io e mia moglie gli abbiamo notificato che non lo chiameremo più Paolo ma Vincenzo. Il calo progressivo della percentuale dei votanti sta, intanto, rendendo sempre più palese che la democrazia non è un regime adatto all’Italia, come, del resto, a tutti i paesi troppo distanti dal Circolo Polare Artico. Ne era già consapevole Platone, il quale, nell’ottavo libro della “Repubblica”, descrive il necessario passaggio dalla democrazia alla tirannide. Una lettura di estremo interesse per chi voglia vedere descritta la società in cui viviamo: basti accennare, per esempio, al passo in cui si afferma che in quel regime “un maestro ha paura degli allievi e li lusinga, gli allievi dal canto loro fanno poco conto dei maestri” o all’altro in cui si spiega come “la democrazia non si cura della condotta morale di chi si accosta alla politica, ma lo onora solo che proclami di essere favorevole al popolo”. Né diversamente la pensava Aristotele, il quale mai asserì, come taluni affermano, che la democrazia sia il miglior sistema di governo: egli affermò, al contrario, che la democrazia è il peggiore fra i regimi, quando questi funzionano bene, ma diventa il meno peggio fra i sistemi degenerati. Cosa dire di Aristofane e del meraviglioso personaggio del “salsicciaio”, che incarna il perfetto capo democratico, tanto di indurre alcuni siti web ad attribuire al nostro Petrusiniéllo questo ingeneroso nomignolo? La famosissima democrazia ateniese (ma il governo di Pericle era democrazia o dittatura agli occhi contemporanei?) durò del resto pochi lustri, a fronte del millennio della diarchia spartana. Roma antica fu democratica per meno di un secolo, dai Gracchi a Giulio Cesare, ma non ebbe pace: le guerre civili si alternarono, infatti, a quelle esterne, finché, instaurato l’impero, i cittadini finalmente godettero la “pax augustea”. Che dire dei Comuni? Se Atene mandò a morte Socrate, Firenze esiliò Dante. La verità è che la democrazia può funzionare in paese freddi come l’Islanda, la Norvegia, il Canada e, a molto concedere, l’Inghilterra, la Danimarca e il Benelux; non certo in Italia, in Grecia, in Spagna o nel Messico. Occorre, infatti, che gli abitanti non occupino tutto il loro tempo a guadagnar soldi e spenderli in divertimenti, ma ne dedichino molta parte alle vicende pubbliche, sentendole cosa propria. Io mi rendo conto che ogni paese ha il suo modo di essere democratico. Noi, purtroppo, abbiamo ricevuto il dono della democrazia dagli eserciti invasori e non abbiamo avuto il coraggio di rifiutarlo, come fanno i paesi islamici nelle medesime condizioni. Abbiamo preferito interpretarlo nella maniera a suo tempo descritta da Platone: una libertà senza limiti, una quantità di diritti e nessun dovere, laddove i diritti perdono ogni reale consistenza perché nessuno è tenuto a rispettarli. È così che viaggiamo velocemente verso la fine del ciclo assai chiaramente descritta da Gianbattista Vico: non essendo capaci di cambiare (ma sul serio, non alla maniera del Petrusiniéllo), aspettiamo di essere invasi da qualcuno che ci governi. Forse per questo i governi insediati da Re Giorgio vanno a prendere gli invasori musulmani fin sotto le coste libiche: non solo per lucrar quattrini con l’accoglienza, ma aspettando il nostro Godot: la sharia, capace di liquidare relativismo, omopower e altre amenità che, a differenza della cacca del gatto, dovrebbero star fuori della nostra lettiera.