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Cosa ci dice il voto disgiunto alle elezioni regionali sarde

Opinionista: 

Cari amici lettori, i votanti per le elezioni regionali in Sardegna sono stati 757.485 su 1.447.753 elettori, con un piccolo calo (circa un punto) rispetto alle precedenti regionali. I risultati dello scrutinio nei seggi assegnano la presidenza della Regione ad Alessandra Todde, deputata Cinque stelle sostenuta anche dal Pd. Una vittoria di stretta misura sul candidato del centrodestra Paolo Truzzu (45,4 rispetto al 45%), con una differenza di circa tremila voti. La singolarità del risultato viene dal voto disgiunto: il centrodestra, infatti, ha perduto nettamente a Cagliari, città di cui è sindaco proprio il candidato sconfitto. Lo stesso Truzzu ha dichiarato che si è trattato di una sua sconfitta personale. Nel voto di lista, infatti, il centrodestra ha prevalso per più di settemila voti (il 48,8% rispetto al 45% del centrosinistra). La prima osservazione da fare è che in questo caso è solo molto lievemente aggravata la crisi della democrazia italiana dal punto vista della disaffezione al voto, poiché la crescita delle astensioni si è verificata ancora, ma in misura molto modesta. Al contrario, molto aggravato è l’altro aspetto della crisi, ossia la frattura fra la dirigenza dei gruppi politici e l’elettorato, aggravata dal distacco fra i vertici politici e gli esponenti locali. Noi abbiamo qui in Campania il caso più eclatante di questo distacco, con la frattura, molto appariscente, fra Vincenzo De Luca e il suo partito, il Pd di Elly Schlein. In Sardegna la designazione del candidato di centrodestra è stata preceduta da una polemica, conclusasi con il successo di Giorgia Meloni, della quale Truzzu è uomo di fiducia, su Lega e Sardisti, i quali volevano ricandidare il presidente uscente, l’autonomista Christian Solinas. Ha vinto la Meloni, anche perché Solinas è stato indagato in una di quelle indagini giudiziarie che partono immancabilmente nell’imminenza di una tornata elettorale. Tanto premesso, la colpa della sconfitta non è solo di Truzzu, reo confesso, ma anche di Giorgia, che lo ha fortemente voluto. Il capo di un partito va contro i propri interessi se sceglie i dirigenti e i candidati in base alle proprie simpatie e non già i primi per la loro capacitò di governo e i secondi in base ai loro consensi elettorali. Truzzu sapeva certamente di aver perso buona parte dell’elettorato cagliaritano. Giorgia era tenuta a saperlo e, se non informata a causa dei propri ininterrotti impegni internazionali, avrebbe dovuto delegare un collaboratore meglio informato circa gli umori degli elettori. Se Atene piange, Sparta però non ride. È forse un caso che la Todde, più votata delle liste che la sostenevano, si sia opposta alla partecipazione dei due massimi dirigenti, Conte e Schlein, alla "sua" campagna elettorale? In verità, io penso che la nuova presidentessa sapesse bene quel che faceva e abbia preferito non correre rischi; se fossi uno dei capi del centrosinistra, sarei soddisfatto solo a metà della vittoria elettorale, che appartiene quasi interamente ad Alessandra Todde. Se invece fossi al posto di Giorgia, attuerei un sicuro meccanismo per essere sempre perfettamente informato sul livello di popolarità del personaggio che voglio candidare, specie nel caso in cui voglia imporlo agli alleati.