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De Vito e la facile illusione dell’onestà

Opinionista: 

L’arresto nella scorsa settimana del presidente della assemblea civica della Capitale d’Italia dovrebbe costituire un punto di svolta nella narrazione pubblica dell’onestà. Che qualcuno potesse credere che un Personale politico improvvisato, raccogliticcio e di nessuna specifica formazione, giunto nelle stanze del potere fosse in grado di mutarne regole che ferreamente lo avvinghiano in Italia, ma anche altrove, alla spietata legge dello scambio, beh questa è una favola ottima per alimentare illusioni e forse anche qualche speranza di buona fede. Ma una favola rimane, come tale piena di buoni sentimenti e grandi idealità, destinati a rimanere nella fantasia di chi l’ha ideata. La realtà ha fatto ormai definitivamente irruzione. De Vito non è uno qualsiasi, nel M5S. È anzitutto il consigliere comunale più votato del suo movimento, il primo degli eletti al consiglio comunale di Roma Capitale. Come tale è stato poi scelto a presiedere il Consiglio e grazie a questa non trascurabile carica politica aveva accesso ad ogni ingranaggio della macchina comunale, con possibilità d’influenzarne scelte e decisioni. Quel che pare alacremente facesse. Ma soprattutto egli era esponente di spicco della politica locale, del movimento che ha posto a suo primo valore quello proprio dell’onestà. Le intercettazioni telefoniche, i cui contenuti sono stati pubblicati, certo vanno come sempre interpretate e lo saranno nella sede delle indagini, prima, e del processo, poi. Ma alcune di esse trasmettono un quadro che, a voler attribuire alle parole il significato comunemente loro proprio, non lascia molti spazi al dubbio valutativo. Perché una certa auri sacra fames s’impone a chi legge, dove si coglie addirittura un’ansia da spartizione che davvero lascerebbe increduli, se non fosse che l’esperienza ha insegnato questo ed altro. Certo, la persona potrà provare a difendersi nel processo e dimostrare la propria innocenza; per il momento non l’ha fatto, avvalendosi della facoltà di non rispondere, condotta sicuramente lecita, ma non appropriata per il pubblico ufficiale e per un pubblico ufficiale di quel rilievo. Resta il fatto che il discorso dell’onestà, l’illusione di un’onestà raggiunta a basso costo semplicemente attribuendo il potere al popolo, crolla miseramente dinanzi ad evidenze difficilmente opinabili. Ma crolla come ogni ingenuità, nelle cose del mondo. Il populismo fa conto sullo sbandieramento di valori elementari: moralità pubblica, onestà, rispetto dei beni comuni, decisioni condivise con i rappresentati. Ad una ad una tutte queste proclamazioni sono cadute sotto l’evidenza dei fatti. Fatti che raccontano cose molto diverse, di contributi nascosti, di piccoli favoritismi, di possibili ruberie, di consensi oscuramente accertati. Ma questa non è una sorpresa. La creazione d’una classe politica di rilievo non può essere affidata alla causalità delle urne o all’arrembaggio dei più improbabili personaggi alla nave del potere. Basterebbe pensare allo squallore delle cosiddette primarie dove miriadi di personaggi ignoti s’affannano alla ricerca d’una sistemazione accampando nessun titolo di qualificazione, foss’anche di sola formazione politica, ed anzi sbandierando il valore dell’assenza di professionalità o di qualsivoglia specifica competenza. Che dovrebbe significare lontananza dal potere e dalle sue spire corruttive; e che invece altro non comporta dall’essere nelle mani di chiunque, non avendo mezzi culturali né esperienze e storie personali capaci di filtrare ed offrire resistenza agli allettamenti delle mille sirene che attorniano chi si trova anche solo nelle vicinanze delle stanze della decisione. Insomma, quest’esperienza dovrebbe servire ad aprire le menti ed a far crollare la facile illusione dell’onestà. Ma una volta aperte le menti, sempre che ciò accada, si trova il vuoto nei dintorni. Perché un’élite non s’inventa da un giorno all’altro, il dileggio prolungato e violento di chiunque non sia “come tutti gli altri”, di chiunque non metta in piazza anche le sue più riservate vicende personali, allontana dalla sfera pubblica tutti quelli che potrebbero assicurarle contributi effettivi e qualificati. Cosicché il Paese si trova oggi davvero in un guado difficile da attraversare. È vero, in politica è quasi impossibile stabilire come evolveranno le cose ed il vuoto che ci circonda potrà essere in vario modo riempito.