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Debito comune, l’Italia ha tutte le carte in regola

Opinionista: 

Per Mario Draghi le transizioni digitale ed ecologica richiedono un surplus di risorse calcolabile per l’intera Unione Europea in circa 500 miliardi di euro annui. Lo ha affermato senza mezzi termini a Gand, alla riunione informale dei Ministri delle Finanze. Ci vogliono soldi, insomma, e per procurarseli servono gli eurobond, il debito comune. I Paesi cosiddetti frugali, come Germania e Olanda, da questo orecchio continuano a non sentirci. Per loro, avviarsi su tale strada significherebbe consentire a Stati del Mediterraneo, come l’Italia soprattutto, ma anche Spagna o Grecia, di utilizzare fondi con leggerezza e sprechi, a scapito di chi sa gestirli con rigore. Per l’Italia costituirebbe, in tal senso, una garanzia negativa l’anomalo debito pubblico cumulato. Come ha recentemente dimostrato l’economista Marco Fortis, le cose non stanno affatto così. Negli ultimi 28 anni l’Italia è stata l’unica nazione, tra gli Stati del G7, a ridurre il debito pubblico, al netto della spesa per interessi. Tra il 1996 e il 2023, il calo è stato addirittura di 317 miliardi di euro correnti. Il Paese che, dopo l’Italia, ha conseguito il migliore risultato sotto questo profilo è stata la Germania, che tuttavia ha comunque aumentato il suo debito di 95 miliardi. In altre parole, a rendere ostico il superamento del debito per l’Italia è il costo da pagare per gli interessi, ma la spesa pubblica in conto capitale si è ridotta marcatamente, al contrario che in altri Stati. E ciò indubbiamente spiega in gran parte anche l’andamento del Pil, che in questo periodo è aumentato molto meno della media Ue. Quello che Fortis non evidenzia è che a pagare il prezzo del drastico calo degli investimenti pubblici è stato molto di più il Mezzogiorno, rispetto al resto del Paese. Resta il fatto che l’invito di Draghi appare assolutamente ragionevole, così come la sua teoria del ‘debito buono’. Se serve per affrontare con determinazione ed efficacia questioni cruciali, come la necessità di riposizionare il sistema economico e produttivo europeo, evitando il rischio di un lento declino del vecchio continente, la creazione di nuovi bond Ue è la soluzione giusta. Non è tempo di lesinare su una spesa fondamentale per assicurare un futuro all’Europa, all’Italia e allo stesso Mezzogiorno, all’altezza delle loro aspettative e del loro prestigioso passato. La politica dell’austerity l’abbiamo già sperimentata, e si è visto che non porta da nessuna parte se non a farci perdere credito (quello politico, non solo economico) su scala globale.