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Europa più debole Napoli più lontana

Opinionista: 

Incontrarsi in 27 a Roma (tutti volti nuovi) dopo sessant’anni dagli storici “Patti”. Nella sala degli Orazi e Curiazi, in Campidoglio, non è mancata l’emozione davanti “ai commoventi filmati di allora”, del 25 marzo 1957, quando l’Italia c’era col presidente del Consiglio Antonio Segni, sardo sassarese e il ministro degli Esteri Gaetano Martino, siciliano di Palermo. Le tre paginette che, almeno nelle intenzioni, danno il via alla ripartenza della “nuova Europa”, le hanno firmate con la stessa stilografica e lo stesso inchiostro di allora. Ma nell’animo e nella mente dei nuovi “garanti” c’era la stessa volontà e determinazione di allora? Calato il sipario, si trepida nell’attesa delle prime verifiche, pressati dalla necessità di un vero recupero di energie, capacità programmatiche, credibilità di un progetto e di un futuro che deve iniziare non domani, ma subito. *** Una piccola isola. La grande Europa nacque con il Manifesto di Ventotene, poco più di un chilometro quadrato di territorio, nelle acque del Tirreno, fra Lazio e Campania. D’inverno non ha più di 750 abitanti, d’estate invece esercita una forte attrazione. Ma più che al turismo, l’isola resta legata alla storia. Già dopo il 25 luglio del ’43 i confinati del fascismo vi crearono una mini “Repubblica” come anticipazione dei tempi nuovi. L’anno dopo venne redatto il Manifesto “per un’Europa libera e unita”. Era la grande ispirazione di Altiero Spinelli, del casertano Ernesto Rossi, di Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann. Si immaginava una “crescente internalizzazione” cui doversi preparare con un Parlamento europeo a suffragio universale e un Governo con poteri reali specie per l’economia e la politica estera. *** Cambiamenti inaspettati. Anche Ventotene non è più quella di allora. Fino al 1934 faceva parte della provincia di Napoli. Il fascismo preferì traslocarla in quella della nascente Latina. Dagli anni ‘50 in poi non ha avuto vita facile. Amata dagli spiriti libertari, non altrettanto ha fatto lo Stato. Alle idealità del Manifesto si sostituirono subito le rissosità locali tipiche di un inveterato, italico costume. Quando, nell’estate del 2016, il premier Matteo Renzi accompagna sull’isola, per un primo sopralluogo, Angela Merkel e il presidente Hollande, trovano che a riceverli non c’è un Sindaco, ma il commissario prefettizio (Maria Laura Mammetti che aveva già fatto servizio in Campania, nei comuni di Paduli e Arienzo). *** Unione disunita. L’Europa è arrivata a 28 Stati e 500 milioni di cittadini, ma non tutti si sono sentiti “europei” in ugual misura. Il nazionalismo covava sotto le buone intenzioni, l’intreccio degli egoismi locali si presentava come nodo e freno. Parlamento e Governo (da Strasburgo a Bruxelles) sbandavano da ovest a est, come da nord e sud. L’Europa unita dall’Atlantico agli Urali restava un “magnifico” sogno. Ci si chiedeva allora: meglio una Comunità carolingia o federiciana? Riprendevano corpo le figure, “divisive”, di Carlo Magno e Federico II (certo meglio delle visioni autarchiche, del lepenismo, sovranismo, populismo ed euroscetticismo di oggi!). *** Mediterraneo abbandonato. Le due velocità (oggi sancite come fossero nuove) hanno allontanato i traguardi: in economia, lavoro e occupazione, politica estera, sicurezza e lotta al terrorismo, inclusione sociale, flussi immigratori. L’invocata solidarietà sopraffatta da egoismi e miopi chiusure. Tra i 27 di ora (la “perfida Albione” ha salutato ed è andata via) mai un’intesa risolutiva sul problema dei migranti. Residui di culture colonialiste e imperialiste hanno impedito un approccio comune. L’idea di bloccare le sciagurate partenze con investimenti sui luoghi, per creare qui lavoro e sviluppo, non è stata nemmeno presa in considerazione. L’antico “mare fra le terre” è diventato così un immenso “cimitero liquido”. *** Mezzogiorno sempre più giù. Sembra che dal tunnel non si possa mai uscire. Raggiunta l’unità d’Italia si disse (D’Azeglio, Cavour) ora facciamo gli italiani. Firmati i “ Patti di Roma” si disse ora facciamo gli europei. Si spera sempre in un disegno che, però, si rivela di là da venire. Il Mezzogiorno è ancora lontano dall’essere italiano. Il divario con il Nord è persistente e vistoso. Certo non è più quello del secondo dopoguerra, ma gli indici Istat sono eloquenti per qualità della vita, livelli di disoccupazione, legalità e ordine pubblico, aspettative dei giovani che ora non puntano più sul “triangolo economico”, ma direttamente sull’estero. *** Una nuova Cenerentola. Nel nostro secolo ha il volto e il corpo di una città: Napoli. Nel 1957 era sindaco Achille Lauro. Il tempo gli ha reso giustizia. Anche i più accaniti avversari, i militanti e i politologi dell’allora Partito comunista, hanno dovuto fare un lavoro di revisionismo storico. Il Comandante aveva visioni di un futuro possibile e per questo operava in modo molto concreto. Dava alla politica più di quanto altri avrebbero potuto immaginare. Da allora a oggi sono transitati, per Palazzo san Giacomo, 25 personaggi fra Sindaci o facenti funzione e Commissari governativi. Pochi i momenti di operosa attività pure in presenza di ricche leggi speciali e consistenti risorse venute da Roma e dalla Comunità europea. I risultati sempre largamente inferiori. Un’amara storia che purtroppo continua.