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Forse non è scarica la pistola di Renzi

Opinionista: 

È davvero scarica la “pistola” con la quale Matteo Renzi minaccia i dissidenti del suo partito di ricorrere ad elezioni politiche anticipate nel caso in cui dovessero rendere impossibile, con il loro voto contrario, il varo delle riforme da lui proposte, a partire da quella del Senato ? A dar retta ai ribelli del Pd questa minaccia costituirebbe nulla più che una fanfaronata poiché, in realtà, il presidente del Consiglio non avrebbe alcuna intenzione di affrontare il giudizio degli elettori dal quale avrebbe non poco da temere avendo, tra l’altro, perso negli ultimi tempi, secondo quanto sostenuto da Massimo D’Alema, uno dei leader dei contestatori di Renzi, circa due milioni di voti. Ma è realmente così ? Realmente, cioè, quello di Renzi è soltanto un tentativo di intimidazione destinato a non avere seguito ? Al posto di D’Alema, Bersani & Co. non ne saremmo altrettanto sicuri. E’ innegabile, infatti, che il premier preferirebbe portare la legislatura alla sua naturale scadenza del 2018 per presentare alla pubblica opinione un ampio pacchetto di .riforme realizzate e non soltanto annunciate. Ma Renzi ha ormai acquisito sufficiente esperienza per non essere consapevole che, purtroppo, esiste in politica, una quantità di “variabili” che non sempre (e potremmo dire quasi mai) consente di far sì che le cose possano compiersi secondo i propri “desiderata”. Sarebbe, perciò, del tutto sprovveduto se non si fosse “attrezzato” per un’alternativa rispetto all’ipotesi principale. E questa alternativa non può essere, per lui, che quella dell’anticipato ricorso alle urne che non gli consentirebbe di dire. “Ecco, ho realizzato quel che vi avevo promesso”, ma lo autorizzerebbe ad affermare: “Ho potuto realizzare solo in parte quel che vi avevo promesso perché un drappello di dissidenti irresponsabili me lo ha impedito. Datemi la forza perché io possa portare a compimento la mia opera”. A dar corpo ad una simile prospettiva concorrono due segnali estremamente significativi. Il primo è costituito dall’insistenza con la quale Renzi tiene ad annunciare, ogniqualvolta se ne presenta l’occasione, il proposito di diminuire il peso fiscale e, in particolare, di abolire le odiatissime imposte sulla casa. Il secondo è l’annuncio di un prossimo tour in cento teatri italiani per illustrare ai cittadini ciò che il governo ha fatto e ciò che si propone di fare. Si tratta di due mosse tipicamente elettorali. La diminuzione delle tasse e soprattutto l’abolizione di quelle sulla casa sono l’arma vincente - Silvio Berlusconi, ai suoi tempi, lo dimostrò ampiamente – per ottenere il consenso degli elettori. E Renzi sembra deciso a farne uso, costi quel che costi, anche se ciò potrebbe creargli più di un problema all’interno dell’Unione europea e compromettere il suo rapporto con il ministro dell’Economia Padovan che ha chiaramente fatto mostra di essere piuttosto perplesso di fronte agli annunci del premier. Il progetto dei “cento teatri”, poi, è un’iniziativa evidentemente legata alla possibilità di sciogliere anticipatamente le Camere e, se realmente attuato, segnerebbe, di fatto, l’apertura della campagna elettorale. Con Renzi pronto a mettere, magari, nel conto un calo di voti rispetto al “boom” delle elezioni europee, pur di poter disporre, finalmente, di un partito più unito e coeso, più disciplinatamente allineato alle sue indicazioni, riducendo il peso della minoranza interna che, di fatto, si muove come un partito nel partito, quasi sempre allineato più sulla linea dell’opposizione che su quella del governo. Ecco perché la minoranza del Pd forse sbaglia nel ritenere che la minaccia del presidente del Consiglio di rendere inevitabile lo scioglimento delle Camere, costituisca una minaccia fatta con la pistola scarica. La pistola di Renzi, in realtà, potrebbe rivelarsi tutt’altro che scarica anche perché il suo “avvertimento” potrebbe riguardare non soltanto il Pd, ma anche il Nuovo centro destra di Alfano che dà segni di insofferenza, ma è del tutto impreparato ad affrontare il giudizio delle urne, e Forza Italia che, allo stato degli atti, in caso di elezioni anticipate sarebbe costretta a scegliere tra una corsa solitaria che la vedrebbe quasi certamente sconfitta, e un’alleanza con la Lega nella quale sarebbe fagocitata dal partito di Matteo Salvini che gli esponenti più moderati ritengono assolutamente inaccettabile. Forse, dunque (in politica il “forse” è sempre d’obbligo) il voto potrebbe essere meno lontano di quanto non si creda.