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Gravi “stravaganze” con il nemico in casa

Opinionista: 

Da lì la pandemia ha preso le vie del mondo, ora è lì che si festeggia il raggiunto “zero contagi”. La popolosa Wuhan (oltre 6 milioni di abitanti come tutta la Campania) città sub provinciale della Cina, aveva il “virus maledetto” dentro di sé fin dal dicembre 2019. Però lo aveva tenuto nascosto con la “dolosa sapienza” di chi sa, ma tace. Poi il coperchio è saltato e quel territorio formatosi alla confluenza dei fiumi Azzurro e Han sarà una delle pagine più tormentose e laceranti della nostra storia. Colpa, però, anche della “insostenibile leggerezza” del nostro modo occidentale di vivere la globalità. Pensavamo a una delle tante emergenze che non ci sono mai mancate, ma ora tanto lontana da noi da prenderla quasi a scherzo (l’Inghilterra sbeffeggia gli italiani che “usano l’infezione per fare una siesta”, dice un noto volto tv della “perfida Albione”; la Francia sfotte i napoletani inventando la “pizza corona virus”: un nuovo condimento al posto di pomodori e mozzarella!).

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DAL VIBRIONE AL CORONA. Molto viva la memoria di 47 anni fa. Il colera scoppia a Torre del Greco e a Ercolano. Subito trova a Napoli il “ventre molle” dove si diffonde con rapidità. Una paura collettiva, travolgente, assedia le famiglie. L’estrema precarietà si tocca con mano. Il bilancio è di 20 morti e più di mille ricoverati al Cotugno. C’è ritardo nel capire la drammaticità della situazione. Si pensa a forme acute di gastroenterite. Poi il terribile nome che penetra nei vicoli e nei quartieri più popolari. Scatta il cordone sanitario intorno alla città. Occorrono immediate vaccinazioni di massa. Arrivano dosi dalla Germania e dalla Nato. L’America invia le “pistole” usate nel Vietnam. Lunghe file di napoletani disciplinatamente in coda per essere vaccinati. Quando i soldati italiani e i marines entrano nei Quartieri spagnoli per la disinfestazione, gli abitanti applaudono fragorosamente. Scene così non si vedevano dalla seconda guerra.

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UNA SCONCERTANTE DIVERSITÀ. Dal 1973 a oggi tante mutazioni “antropologiche e sociali” sono intervenute. Meno paura, forse, ma più “disinvolta incoscienza”, più distanza fra doveri e diritti, più esibite manifestazioni di ribellistica irresponsabilità. Si raccomanda di rimanere in casa il più possibile come benefica forma di autotutela? Subito si prende a rivendicare libertà di movimento come se nulla fosse. Evitare assembramenti? Voglia matta di raccogliersi in tanti e affollare mercatini rionali (Antignano al Vomero, Forcella e Pignasecca, Scampia). Molti i casi limite come il 25enne che entra nel supermercato, si abbassa la mascherina e sputa sul banco della frutta; con il cellulare filma il gesto sullo sfondo della scritta “infettiamo”. Ai carabinieri dirà che voleva solo scherzare. Il colera azzerò l’economia del vicolo, il corona non scoraggia pusher, spaccio di droga e sigarette, vendite a domicilio di mascherine e di gel ma anche di zeppole: sì, lo ha fatto una pasticceria, a nord di Napoli, aiutata da un pregiudicato (da allora si ironizza sulle “zeppole colluse” come al tempo del colera si scherzò sul “mitile ignoto” attribuendo al milite-cozza la nascita del male…).

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UNA NUOVA GEOGRAFIA. Da quando Wuhan s’è svegliata, natura e storia contano di meno. Il nuovo assetto planetario dipende adesso dai rapporti di solidarietà e collaborazione che si sono instaurati. L’Europa, come organismo politico-comunitario, conta e vale per questo di meno. Se già non aveva politiche comuni in economia, politica estera e difesa, ora si aggiunge il deficit della sanità. Ogni Stato va per conto suo. Per molte settimane l’Italia se l’è dovuta sbrogliare da sola fino a quando Francia, Spagna e Germania non ne hanno apprezzato le misure adottate. Per proprio conto peraltro, come se i problemi non bastassero, il nostro Paese se la deve vedere con le sue 20 Regioni. Non tutte sono d’accordo col Governo (per alcune il coprifuoco doveva scattare molto prima).

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CAMPANIA E SANITÀ. Un sistema debole per insufficienza di mezzi, non per professionale dedizione. Anche qui, però, qualche “stravaganza” di troppo. Come fa un primario di Emergenza, Ciro Mauro, a parlare di “furbetti del virus” che in 249 (medici, infermieri, tecnici e amministrativi) si sarebbero messi in malattia, con certificati fasulli, proprio nel pieno dell’emergenza? Giuseppe Longo, direttore del Cardarelli, risponde numeri alla mano: assenti in 200 su 3.220 dipendenti; fra i 739 medici, solo 33 fuori servizio per malattie contratte prima. La precisazione vale, ma la clamorosa fake news ha fatto il giro del mondo. *** GELOSIA DI MESTIERE. Alla notizia che, al Pascale di Napoli, l’oncologo Paolo Ascierto sperimenta, autorizzato dall’Agenzia per il farmaco, un prodotto antiartrite (che già consente ad alcuni pazienti di respirare regolarmente), da Milano la voce di Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale Sacco, vomita bile -si scrive- per un “mero capriccio”. Quel prodotto dal nome impronunciabile Tocilizumab (reso familiarmente “Toci”), è da diversi giorni oggetto di attenzione e speranza. A chi può giovare una contrapposizione Milano-Napoli? Non è meglio impegnarsi di più per fermare le “goccioline di saliva” che portano in giro il malefico virus? *** UN CALZANTE RICHIAMO. È quello che viene da Richard Dawkins, biologo inglese, quando scrive delle “barocche stravaganze” che, su questo pianeta, “chiamiamo vita”.