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I diktat su Siri nel Paese malato

Opinionista: 

Quotidianamente, sfogliamo le pagine del caso Siri come una storia infinita. Un romanzo italiano? Una commedia degli equivoci? Un lungo braccio di ferro dai contorni Esclusivamente elettorali? Le regole del gioco, dicevamo recentemente, sembrano abbondantemente cambiate. Non c’è più una maggioranza più o meno compatta che fa scudo contro l’opposizione. Si ha la sensazione che le forze dell’Esecutivo si siano appropriate di tutti i ruoli e la sfida resti tutta lì, all’interno dell’Esecutivo, azzerando la minoranza silenziosa di chi si oppone. Uno schema politico assolutamente nuovo tanto in chiave istituzionale quanto soprattutto in chiave dialettica. Mai si era assistito prima a scontri così violenti all’ interno dell’Esecutivo, tutto si era sempre mantenuto nel perimetro delle scintille, delle punture di spille che non affondano, di un sistema che aveva, in fondo, nel bene del Paese la sua stella polare. Adesso, tristemente, tutto sembra cambiato. La politica è diventata spietata. Si cavalca qualsiasi tema, pur di recuperare una manciata di voti. Nel tramonto delle ideologie, l’onda lunga della cronaca è la vera bussola di riferimento. Se poi ci si muove tra elettorati contigui, allora lo scontro diventa feroce, quotidiano, perverso. Soprattutto quando un test elettorale si avvicina con la sua scia di sondaggi più o meno positivi. Tutti parlano, tutti esternano, tutti hanno qualcosa da comunicare. E, nel cuore dello scontro, c’è sempre, in questi giorni, Armando Siri, sottosegretario ai Trasporti, diventato improvvisamente l’uomo più chiacchierato d’ Italia. In teoria, il ministro Toninelli gli ha già ritirato le deleghe, il suo ruolo è già stato disinnescato. Ma non basta. I 5 Stelle vogliono il suo scalpo, pretendono dimissioni ravvicinate, lasciando magari libera la casella di governo, in attesa di conoscere gli ulteriori sviluppi. E mentre Salvini non molla il suo uomo, mentre Conte rientra dalla Cina con l’obiettivo di risolvere il garbuglio, mentre l’ipotesi dell’autosospensione viene subito bocciata, ecco che la maggioranza procede confusamente a fari spenti, con un motore che procede a scoppio. Ci sono, nel frattempo, altre iniziative in corso, leggi da portare in Aula, decreti governativi da far passare rapidamente perché il Paese, si diceva, non può attendere? Niente di niente. Si parla solo del caso Siri, magari si annunciano semplicemente future regolamentazioni per guadagnare distrattamente qualche consenso ma tutto resta fermo, in attesa della risoluzione del caso Siri, in attesa delle elezioni europee. Il Parlamento, dopo quindici giorni, rimane ancora in vacanza e, per le cose che contano, se ne riparlerà ovviamente dopo il 26 maggio. Del resto, come affermava lo scrittore statunitense Ashleig Brilliant, a volte la cosa più importante ed urgente che si possa fare, è concedersi un completo riposo.