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Il “restyling” inapparente (e di breve durata) della mia Napoli

Opinionista: 

La notizia, lo confesso, mi era sfuggita. Eppure era stata data non più tardi di qualche giorno fa a tutta pagina dal “Roma”, giornale su cui regolarmente scrivo. Se non fosse stato per un caro amico, che me ne aveva segnalato la singolarità e l'interesse (anche mio personale), ben conoscendo la centralità, che io forse ingenuamente attribuisco, all'immagine del luogo in cui vivo, ritenendola emblema di cultura e civiltà correnti dei suoi abitanti, avrei omesso di commentare quello che al contrario merita la massima attenzione da parte di tutti noi. Napoli, la grande Napoli, la mutagena e controversa Napoli, la meravigliosa e miserabile Napoli, per bocca della sua attuale amministrazione comunale, ha dichiarato che "investirà 45 milioni di euro per la riqualificazione e la manutenzione delle strade entro il 2026". In realtà a leggere nel dettaglio l'articolo si scopriva che 31 milioni sarebbero stati destinati alla sola rivalutazione dell'area posillipina la cartolina della città con tutto il suo corredo viario limitrofo, e 14 alla "riesumazione" (il termine non è proprio casuale data anche la presenza nelle sue vicinanze del cimitero cittadino) del perimetro territoriale che investe e circonda l'aeroporto di Capodichino il benvenuto (e che benvenuto!) di Partenope ai suoi visitatori. Se l'annuncio mi aveva inorgoglito, e non poco, l'inaspettato ridimensionamento dell'intervento pubblico, tanto atteso quanto necessario, lo ammetto mi aveva un po' deluso. Poi, conti alla mano, mi sono persuaso che più di tanto non si poteva realizzare, visto anche quanto già fatto, da questo come dai precedenti governi locali, per rinnovare, abbellire e mettere in sicurezza la città che così profondamente amiamo. Occorre sapere, infatti, che Napoli è la città che in Italia spende di più pro capite per il proprio arredo urbano sei volte più di Verona, che è quella che spende di meno, ma una volta e mezza Venezia e ben due volte e mezza addirittura Milano e che il sindaco precedente, Luigi De Magistris, ha incrementato la spesa destinata a strade e piazze di ben il 44%. A tal proposito, l'articolo ci rammentava dei 18 milioni appena spesi per la "riqualificazione di 32 chilometri di strade primarie, sui 270 della città", ricordandoci che "tra gli interventi già terminati c'erano quelli a corso Vittorio Emanuele, a via Argine e agli assi viari della zona ospedaliera". Al di là del dubbio amletico su un recupero misteriosamente al palo invece di via del Parco Margherita (per citarne uno non proprio a caso), un ulteriore dato però mi confortava: "Al momento ci sono lavori in corso" era riportato nell'articolo "su 25 chilometri di strade primarie con una spesa di 30 milioni di euro". Attraverso poco alcune delle aree cittadine menzionate dal bel pezzo giornalistico di Antonio Sabatino e (buon per me) non percorro più le strade che mi portavano quotidianamente all'allora secondo Policlinico, ma ho vissuto sempre, e di fatto vivo ancora, al corso Vittorio Emanuele, la spina dorsale che tiene in piedi non si sa come il corpo pulcinellesco di Napoli, l'arteria interminabile e vitale che unisce i fortunati dimoranti di Mergellina da una parte e le ferrose e plotoniche genti di Fuorigrotta dall'altra con l'artigianale, sanfedista e, quella sì, disastrata (e ignorata) via Salvator Rosa. Ebbene, io di tutto questo magico mutamento urbano non ho contezza, a meno che non si faccia impropriamente riferimento a quel caotico e frettoloso imbellettamento che ha preceduto il giro d'Italia, peraltro puntualmente seguito da buche, nuovi ostacoli e altri pare inevitabili degradi. È questo il punto. Rifare il look a un luogo, più o meno rilevante sul piano ora turistico, ora commerciale e ora culturale, serve a poco, se non a nulla. È alla città nella sua interezza che va destinato il pensiero libero e lungimirante di chi amministra il capoluogo campano, alla realtà quotidiana di chi lo vive perché ci abita o perché, per le più diverse ragioni, ci viene. Fare il "restyling" (come titolava l'articolo del “Roma”) di uno o più pezzi di un corpo per il resto malato e quello di Napoli non si può non riconoscere che lo sia, basta ricordare quanto accaduto solo qualche giorno fa in via Morghen serve solo a gettare fumo negli occhi di chi invece dovrebbe ben guardare, e a occhi spalancati, quello che accade, per generare processi sociali e storici che convincano i nostri figli a non fuggire in luoghi dove, con meno ridondanza e soldi, all'arredo urbano ci tengono davvero, lo riqualificano e, soprattutto, lo manutengono, non ogni tanto, non per un evento a caso, ma con professionalità e assiduità per 365 giorni all'anno, ben sapendo che in una città migliore albergano le persone migliori. Solo in questo modo si darà onore al nostro passato e il presente non diventerà più sempre e solo lo stereotipo, talora ancora così cialtronesco, che continuiamo, noi per primi, imperterriti, a perpetuare. Che la "nuova città" soppianti, infine, la "vecchia", nella sua forma e nei suoi contenuti, e questa volta per sempre!