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Il caso giustizia è chiaro: M5S non decide più nulla

Opinionista: 

B eh, tanto vale provare. È difficile dire se le proposte di modifica del processo penale approvate dal Governo per velocizzare i tempi della giustizia basteranno a centrare l’obiettivo. Lo vedremo. Intanto sono 30 anni che tutti ripetono che è necessario accelerare i processi, ma nessuno è mai riuscito nell’impresa. Quindi è giusto concedere un minimo di credito anche agli ultimi arrivati. Quello che fin d’ora si può dire è che di certo non si tratta di una riforma, bensì semplicemente di una serie di accorgimenti tecnici per provare a venire incontro velocemente a quelle che sono le richieste pervenuteci dall’Europa per poter ottenere i soldi del Recovery Fund. È inutile fare gli schizzinosi. Bene hanno fatto il premier Mario Draghi e la Guardasigilli Marta Cartabia a tirare dritto, fregandosene delle richieste del M5S di rinviare ulteriormente decisioni che alla fine il partito grillino è stato costretto ad ingoiare. Nella sua durezza la questione è semplice: non possiamo permetterci ulteriori ritardi. I finanziamenti europei arriveranno solo se Governo e Parlamento dimostreranno di essere in grado di tagliare i tempi della giustizia come ci chiede Bruxelles. Come avremmo dovuto fare da soli già da tempo, visto che è una questione di civiltà e rispetto dello Stato di diritto. Chi parla di perdita della sovranità nazionale, che gli altri Paesi esercitano in modo più pieno, ha ragione. Ha torto, però, quando afferma o lascia intendere che tale perdita sia dovuta a un complotto di altri ai nostri danni. Non è così. La sovranità l’Italia l’ha persa da tempo e per colpe tutte sue: un debito pubblico fuori controllo, tasse insostenibili, una crescita inesistente, bassa produttività, spesa pubblica abnorme, un Paese sull’orlo del fallimento. E una giustizia da terzo mondo. Appunto. Gli altri, semmai, hanno solo approfittato delle nostre incapacità. Dunque non abbiamo alternative: Draghi ne è pienamente consapevole e per questo procede spedito lungo la strada tracciata. E pazienza se ai grillini, soprattutto a quelli di rito contiano, gli emendamenti Cartabia approvati dal Consiglio dei ministri sono andati di traverso. Non saranno le operazioni demagogiche dei 5 Stelle ad arrestare il necessario ripristino delle garanzie minime di legalità. Il compromesso sulla prescrizione non sarà il massimo, ma è certamente un passo in avanti rispetto all’indegna riforma targata M5S: la prescrizione si sospende dopo il primo grado ma nel resto del processo - questa è la novità che di fatto cancella la precedente legge targata Bonafede - la prescrizione riparte. E con tempi certi: due anni per chiudere l’appello, uno per la Cassazione. Con ulteriore, limitata proroga per i reati più gravi. Decorsi tali termini, interviene l’improcedibilità. Funzionerà? Lo capiremo presto. Intanto i grillini sono incazzati neri, e tanto basta per dire che la strada imboccata è quella giusta. Hanno dovuto ingoiare il rospo in cambio di un pugno di mosche. L’estensione della proroga ai reati contro la Pa, infatti, era già in parte contenuta nella versione precedente sotto la voce «procedimenti complessi». Inutile girarci attorno: per i giustizialisti è una sonora sconfitta. Non a caso ora i pentastellati minacciano e tuonano, lasciano intendere di essere pronti a un Vietnam parlamentare quando le proposte arriveranno in aula, ma sono i primi a sapere che le loro minacce sono armi spuntate. Divisi nella lotta di potere tra Grillo e Conte e alle prese con la loro stessa sopravvivenza, non hanno alcuna possibilità d’incidere, come alla fine ha dimostrato quanto è accaduto l’altra sera a palazzo Chigi: una giornata di parole grosse e tensioni, conclusa con una disonorevole resa.Proprio la giustizia, ultima roccaforte rimasta ai grillini, dimostra che col governo Draghi i 5 Stelle non sono più in grado di decidere alcunché. È questa la notizia.