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Il dialogo difficile con i call-center

Opinionista: 

Nella nostra vita di tutti i giorni i call center rivestono un ruolo crescente. Il loro è uno spazio ambivalente. Sono spesso i nostri interlocutori quando cerchiamo notizie, chiarimenti, offerte ma si trasformano in fastidiose presenze appena vengano a turbare la nostra privacy e le nostre giornate proponendo pacchetti d’acquisto, potenziamenti dei nostri abbonamenti, iniziative commerciali natalizie. Un mestiere difficile, svolto da giovani sollecitati costantemente a vendere prodotti più o meno utili che si offrono, all’ occorrenza, a diventare, nei centri d’ascolto, il bersaglio di polemiche, improperie, scontenti di aziende che, a stento, conoscono. Ma chi c’è dall’altra parte del filo. Chi sono i protagonisti di un mestiere quasi impossibile? Dopo le recenti norme legislative, tendono a ridursi, progressivamente, i call center esteri, quelli situati in Albania o in territori dell’Est, quelli caratterizzati da voci con un italiano incerto, approssimativo, poco professionale che, con pochi spiccioli, fornivano un servizio oggettivamente insufficiente. Restano, tra mille difficoltà, come ha dimostrato la recente trattativa su Almaviva Napoli, alcuni riferimenti italiani, più professionali, più aperti alle esigenze degli utenti. Si tratta, in alcuni casi, di giovani laureati, entrati in quella spirale professionale come logica di primo impiego e ritrovatisi poi a protrarre, nel tempo, la loro presenza solo perché privi di serie alternative. Si tratta di giovani diplomati che provano a far carriera, misurando, con gli anni, il peso specifico di un settore complesso e articolato. Ma tutto questo, noi che stiamo dall’altra parte, non lo valutiamo con una logica comprensiva. Tutt’altro. Facciamo di loro il focus del nostro scontento e, in alcuni casi, ci sfoghiamo, senza remore, convinti che il nostro messaggio possa arrivare in altre sedi, che il nostro disagio segni un rapporto di discontinuità con quell’ azienda, illusi di poter determinare una frattura che, invece, non si compirà mai. Perché, spesso e volentieri, ogni industria marcia con i suoi programmi, con le sue regole di gestione e il parere degli utenti, strombazzato come essenziale e determinante, conta poco o niente sul tavolo delle scelte economiche e strategiche . Ecco che, quindi, l’ammortizzatore unico resta il call-center, quei giovani con la cuffia in testa che, per ore, ascoltano, controbattono con calma, davanti ad un computer, alla rissosità di un’ utenza spesso esasperata, superficiale e, purtroppo, impreparata. Sono loro, forse, la realtà più emblematica di una schiavitù moderna, leggera, asfissiante che, soprattutto in questi giorni di festa, nei bilanci di fine anno, appare un dato assolutamente disancorato dai grandi utili raccolti dalle aziende che, impropriamente, sono costretti a difendere.