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Il poker servito sul tavolo di Mattarella

Opinionista: 

Il voto del Molise complica la situazione. Il centrodestra non solo vince ma vede Forza Italia avanzare di oltre un punto rispetto alla Lega, confermandosi asse tradizionale della coalizione. Nel frattempo, Mattarella individua istituzionalmente il presidente della Camera, Fico- come secondo esploratore
offrendogli, però, un mandato più ampio rispetto alla Casellati. In pratica, guardarsi attorno a 360 gradi, ma soprattutto a sinistra, alla ricerca di una qualsiasi maggioranza. Sul tavolo, a nostro avviso, le ipotesi sono quattro. La prima, un’intesa tra 5Stelle e Pd. Certamente difficile, ma non più improponibile. Renzi, è vero, resta apertamente contrario ad un accordo di governo. Ha nelle sue mani, direi totalmente, i gruppi parlamentari. Posizioni di dialogo come quelle di Franceschini, Orlando, Emiliano appaiono largamente minoritarie. Non passa giorno che un esponente dell’area renziana chiarisca la difficoltà di una qualsiasi trattativa con i 5Stelle. Ma il forno con il centrodestra si sta chiudendo, Mattarella va sviluppando una “moral suasion” costante per evitare elezioni anticipate e su questo anche il Pd è in perfetta sintonia, scartando unitariamente l’ipotesi di un rapidissimo ritorno alle urne. Al momento, nonostante tutto, sembra l’ipotesi più credibile. Seconda opzione, al momento difficilmente percorribile. Di Maio a Palazzo Chigi con Salvini che non entra nel governo ma garantisce i voti per una maggioranza, individua ministri di peso a trazione leghista e, magari, con qualche nomina ben calibrata prova a sondare la non ostilità di Berlusconi. Ipotesi difficile, oggettivamente complessa. Il Cavaliere non vuole sentir parlare di un centrodestra che si divide. Per chi si assume questa responsabilità sono già pronte le bocche di fuoco di Mediaset. Il tradimento di Alfano ha insegnato molte cose. Le redazioni giornalistiche stanno già stringendo le viti. Con l’uscita contemporanea di Del Debbio, Belpietro e Giordano si è già dato un primo, chiarissimo segnale contro i populismi di facciata. Il leader della Lega, poi, non dimentichiamolo, governa le sue Regioni strategiche (Lombardia e Veneto) con questa coalizione e si appresta a conquistare, domenica prossima, il Friuli, con lo stesso dispositivo. Non è certamente così sprovveduto da chiudere oggi i boccaporti. Ha provato e riprovato, in queste settimane a tenere il filo di un dialogo con Di Maio ma i tempi appaiono, ormai, esauriti ed il centrodestra deve, probabilmente, trovare altre strade. Quelle inquadrate dalla terza ipotesi, governo di centro-destra, al timone magari Giorgetti o un uomo indicato dalla Lega, che cerchi in Parlamento i voti per la sua sopravvivenza con l’appoggio del gruppo misto e di una manciata di “responsabili”, pronti a scongiurare il pericolo di elezioni anticipate. Iniziativa debole, un po’ confusa, con numeri risicati, irrobustiti eventualmente da assenze e appoggi esterni. Pochi obiettivi nel mirino, tra cui la Finanziaria e la legge elettorale e una prospettiva temporale che non supera i 18 mesi. Ipotesi finale, trattative inconciliabili e governo del Presidente, con alla guida una figura di garanzia, non impegnata politicamente, ed un governo di esperti da offrire al voto di ogni forza politica all’interno dell’aula. Un piatto misto da servire freddo che superi la contingenza e ci porti verso le incognite del 2019. Al momento, forse, la più seria ipotesi di riserva che eviti strappi e riduca drasticamente ambizioni personali. Uno specchio comunque distorto che continuerebbe a limitare la ripresa di un Paese occidentale ancora nella ragnatela delle sue contraddizioni.