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Italicum, Esecutivo al centro del potere

Opinionista: 

Fa francamente sorridere l’enfasi da ultimi giorni della Repubblica con cui la cosiddetta minoranza Pd ed una parte delle opposizioni stanno caricando la loro contrarietà all’approvazione della nuova legge elettorale: tanto per non cambiare appellata con un nomignolo – Italicum – che fa seguito ad altre storpiature della lingua italiana e di quella latina (Matterellum, Tatarellum, Consultellum e così via), che stanno lì a testimoniare il degrado al quale è discesa la nostra cultura politica. Fa sorridere, ben inteso, non perché strappi e forzature non ci siano nella decisione presa da Matteo Renzi d’imporre a suon di voti di fiducia una legge elettorale che sostanzialmente modifica la Costituzione. È vero: Renzi sta tenendo in non cale le prassi costituzionali e forse della Costituzione stessa, quando impone un sistema d’elezione che praticamente introduce una forma di governo in cui è l’Esecutivo ad essere il centro del potere, mentre la Costituzione aveva scelto un sistema parlamentocentrico: con il Presidente della Repubblica a far da bilanciere tra i partiti, che in ultima analisi costituivano il vero luogo dei processi decisionali. Sì, dunque, è vero che il modo di procedere del Nostro è abbastanza spiccio di modi e si fa poca cura di garanzie e processi decisionali che dovrebbero costituire l’anima del costituzionalismo ereditato dal secolo scorso: un costituzionalismo guadagnato in esito ad eventi che sconvolsero le coscienze e fecero dubitare della stessa natura dell’animo umano. Ma non è forse il caso di vedere un po’ meno formalisticamente quel che sta accadendo? Non è forse il caso di domandarsi cosa ci sia alla base di quanto, attraverso il politico fiorentino, in Italia si sta verificando? Il Nostro è un Paese in cui a mancare è proprio l’Autorità. Le vicende di venerdì a Milano – intere strade messe a ferro e fuoco senza che nessuno potesse attuare una reazione corrispondente alla violenza che si andava consumando ad opera di autentici ed organizzati criminali – non sono che un’eclatante manifestazione dell’assenza di potere che caratterizza il nostro sistema politico. Non c’è decisione che possa prendersi senza che, dentro e fuori del Parlamento, non s’ordiscano reazioni paralizzanti, capaci di vanificare o sterilizzare ogni iniziativa utile al risanamento della cosa pubblica. A fronte d’un bilancio dello Stato tra i più disastrati dell’occidente, di un’Amministrazione tra le più inefficienti che l’Europa conosca, d’un sistema scolastico che produce e riproduce soltanto ignari incompetenti, ogni tentativo di riforma, buono o cattivo che sia, si scontra con le resistenze di corporazioni che risultano essere sempre più forti dello Stato che dovrebbe invece razionalizzarle e se del caso combatterle. Proprio di recente, la magra vicenda della "buona scuola" ha costituito una testimonianza dell’impossibilità d’attuare alcunché senza che si levino resistenze insuperabili a sostenere che qualsiasi modifica è sempre peggiore di quello che c’è e che chiunque voglia cambiar qualcosa è un nemico volta per volta, dello Stato, della comunità, dei lavoratori, degli studenti, e così via. Ma davvero è possibile credere che il nuovo sistema elettorale potrà in questo Paese portare ad una dittatura o a qualcosa del genere? Non è più corretto osservare le cose e vedere che, certo una torsione centralistica quella legge la porta con sé, ponendo l’Esecutivo nelle condizioni di poter contare su un Parlamento che non affossi (almeno si spera) ogni iniziativa legislativa; ma può davvero credersi che questo sia un male in un Paese che fino ad oggi non riesce a realizzare una riforma seria, perché giorno per giorno, lungo il suo cammino, viene ibridata ed annacquata in ogni modo? La vicenda dell’abolizione delle Province è un’altra sonante dimostrazione di quel che siamo incapaci di fare. Piuttosto che della svolta autoritaria – una reazione prima o poi inevitabile, quando si stagna troppo a lungo nel patano – io mi preoccuperei che fallisca o che chi la realizza non sia all’altezza di profittarne per ben fare. Ma questo potremo dirlo solo tra un po’.