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La cavalleria rosa del De Luca furioso

Opinionista: 

Che il colpo di teatro rosé massmediatico sia riuscito a De Luca sembra abbastanza evidente, e sfogliando i quotidiani della settimana e l'entusiasmo dei soliti noti nei vari talkshow, in alcuni casi, anzi ha conteso la ribalta alla crisi greco-europea: in fondo, la calcolata e populista sfrontatezza di Tzipras offre molte similitudini con la furia dialettica tardocomunista del nostro novello eroe ariosteo, ormai consolidato tessitore di immagini e di luminarie. L'assegnazione dei ruoli nella nuova giunta, un furbo artifizio, va oltre il solco fondato dalla nouvelle vague di quei sindaci rampanti, industriati con impegno a sottrarre afflato mediatico, secondo logica d'opportunismo, ai loro colleghi e antagonisti magistrati; il governatore a tempo spariglia perfino le carte del suo amico-nemico Renzi, e piazza 6 donne su 8 deleghe, facendo impallidire il ricordo mitico del regno delle Amazzoni, incurante della sciagurata esperienza del governo Monti. Nessuna critica preconcetta ai profili e alle capacità delle docenti e tecnocrati, e tanto di cappello al vice governatore di lungo corso e alla cultura di Maffettone, due personalità messe al posto giusto, nel momento nevralgico delle vicissitudini delucane, ma a patto che, come avvenne nell'inclito governo montiano, non esca un'altra Fornero ad annunciare sangue, sacrifici e rigore, conditi con lacrime in diretta: le persone giuste al posto giusto, come lo schermo di un computer che impedisce al De Luca l'occhiatina galante ad una bella donna in prima fila... e quindi sta al posto sbagliato! E i trasporti, l'agricoltura, il turismo e una sanità dimenticata, sulla quale aleggia lo sciagurato spettro di un ritorno di Zuccatelli, dove le mettiamo? Nella mano svelta e prensile dello sceriffo factotum, in attesa di prossime rivelazioni bibliche? Proviamo ad intuire o a capirci qualcosa. Diciamo subito che noi siamo fra coloro che immaginano la stagione salernitana normanna molto più lunga di coloro che sperano in nuove elezioni. Vedrete, come fra Europa e Grecia, dove i primi a non volere il divorzio ellenico dall'euro sono i potentati al comando, alla fine un paventato azzeramento della volontà popolare, perfino dopo lo stupido tempismo della Bindi, sarà solo uno spauracchio per giungere allo scopo del contendere: la revisione o l'annullamento della legge Severino. Ciò pone come conseguenza che, in qualche modo, il Vincenzo furioso dovrà concepire una progettualità di sviluppo un po' più ampia e sostanziale di quella attuata per una comunità cittadina, pur se ragguardevole per densità abitativa. E siamo proprio sicuri che il risentimento storico di matrice normanna non prenda il sopravvento, immaginando una prerogativa territoriale che preveda il maggiore sviluppo di un'area geografica e amministrativa troppo tempo condannata ad un provincialismo di maniera e al continuo atavico passo indietro, nei confronti di una Napoli vista per secoli un po’ come è vista la Roma ladrona da parte dei leghisti, da quando Federico II la preferì a Salerno? Abbiamo già in altre occasioni ricordato l'incredibile sviluppo del porto salernitano, quasi sempre a discapito di quello napoletano, tra l'altro grazie all'opera di colui che oggi siede in giunta come vice governatore, e per quanto riguarda l'agricoltura, è evidente la preparazione e lo sviluppo obbiettivo molto più efficiente dell'agronomia e coltivazione intensiva delle province "povere" rispetto a quella della provincia napoletana, e tutto ciò esiterà sicuramente in una posizione privilegiata nell'acquisizione e utilizzo di quei fondi europei così malgestiti da un allegro centrodestra, anche nell'ottica di una imprenditorialità giovanile pressante. E se il turismo, con la sconfitta governance di Caldoro e soci, ha veramente fatto registrare un 6% di sviluppo, allora ha ragione De Luca, ridiamo la delega a chi l'ha così esaltata, la merita! La sanità dimenticata trema di fronte al pericolo di ritrovarsi ancora tra le lame di una forbice che uno sciagurato commissario ha usato per tagliare, in modo ottuso e illogico, ramificazioni assistenziali che solo sulla carta arida hanno ottenuto risultati apparenti. Le realtà assistenziali e le strutture lasciate in vita o addirittura incentivate con interventi regionali hanno presentato il conto: negativo, negligente, e a volte tragicamente nefasto; basti pensare alle fatiscienze organizzative e produttive di realtà ospedaliere come quelle dell'area costiera vesuviana, che meriterebbero una seria attenzione e una valutazione istituzionale imparziale e libera da legaggi politici territoriali di dubbio intendimento. Ma la sanità campana vive di speranze: quella taumaturgica del magnifico Ospedale del Mare, tutto il resto è noia. L'unico scenario auspicabile oggi è che lo sceriffo salernitano, furbo cavaliere solitario ed ariosteo, si spinga in una cavalcata inarrestabile e conquistatrice nella "prateria di un centrodestra campano inesistente", unico colpevole borioso di una sconfitta annunciata, e preda della sua stessa insipienza politica e culturale. Rimaniamo però disturbati dal ripetersi di quella impetuosa esaltazione antica, un po’ servile, solo perché dopo tale vuoto creativo si riparte grazie ad un po' di vernice rosa e un profumo di colonia universitaria, che in passato ha già dimostrato di non superare il divario fra teoria e realtà quotidiana. Basterà... solo aspettare?