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La crisi della famiglia: non più coppie, né madri, né figli

Opinionista: 

Cari amici lettori, questa settimana non ho trovato alcuna notizia interessante sulle guerre e le altre sciagure che affliggono il nostro pianeta. Solo il solito tran tran. La cronaca è occupata dalla vittoria del centrodestra in Basilicata, ma si tratta di un fatto largamente previsto e, quindi, di scarso rilievo. Poiché ritengo che il “caso Scurati” v’interessi poco, come poco interessa a me, conviene piuttosto affrontare uno dei problemi più seri, ossia il disastro delle ultime generazioni. Abbiamo accennato, altre volte, alle crisi della famiglia e della scuola. Le due principali istituzioni da cui proveniva l’educazione dei bimbi, dei fanciulli e dei giovani sono in crisi profonda e le forze del male spingono per abolirle. Il nucleo essenziale della famiglia è formato dalla coppia e dai figli. La coppia, secondo la natura e la tradizione, era composta da un uomo e una donna. I figli nascevano per effetto di un atto di amore. La coppia sterile poteva ricorrere all’adozione, che è anch’essa un atto di amore. Le relazioni extraconiugali sono sempre esistite, ma raramente distruggevano le famiglie. Oggi la coppia nata e vissuta per costruire una famiglia è pura eccezione, tanto che le coppie omosessuali, per loro natura sterili (e quindi, a mio sommesso avviso, inutili), si avviano a diventare, nell’immaginario collettivo creato dai media, la regola. I figli si comprano e vendono. I figli erano (e dovrebbero essere) la ragion d’essere della donna, che è sempre stata vista, dalle religioni prima che dagli scrittori, poeti e filosofi (cioè dagli esseri umani più ricchi di pensiero e sentimento), come una madre. L’oggetto privilegiato del culto e della devozione non a caso è la Santa Vergine Maria, divenuta madre senza passare per la pratica sessuale. Ma fin dal tempo dei tempi la Grande Madre, con le sue diverse denominazioni, è stata il centro delle religioni. Oggi un ente pubblico milanese rifiuta lo spazio in una piazza alla statua della donna che allatta perché sarebbe portatrice di “valori non condivisi”. Che cosa vogliamo fare, mettere in piazza una statua raffigurante il biberon? La femmina umana, a differenza di quelle degli altri animali, ha i seni non per allattare, ma solo per farne mostra e oggetto di baci e carezze! L’aborto non è più considerato quello che realmente è, ossia un ripugnante omicidio in danno di una creatura innocente, bensì un diritto. Anzi, un fondamentale e irrinunciabile diritto della donna, meritevole di essere introdotto nella costituzione della repubblica francese e addirittura in quella della unione europea. Meglio sarebbe che gli attuali oligarchi dell’Europa si tornassero a occupare della misura delle vongole! Ma la distruzione della famiglia è, in primis, un effetto della società dei consumi. Le donne devono lavorare perché l’assurda crescita dei consumi “necessari” e dei loro costi costringe al lavoro sia il padre sia la madre e impedisce ogni incentivo alla natalità, che, infatti, nella nostra sedicente civiltà. (ormai non più solo tale) è ridotta a minimi insufficienti per la sopravvivenza dei popoli. Quanto diverso questo tempo da un passato anche recente! Mio nonno, esponente della nobiltà, aveva otto figli. La pizzaiola sotto il palazzo, quando io era bambino, ne aveva procreati venti, dodici dei quali sopravvissuti in età adulta. Parlare della scuola non ha senso, in un tempo in cui maestre elementari vanno all’estero per picchiare degli sconosciuti e docenti universitari incoraggiano gli studenti a lottare contro le relazioni di studio con le università israeliane. Non ha senso in un tempo in cui scolari e studenti aggrediscono i docenti, magari li accoltellano, e ottengono, ciò nonostante, la sufficienza in condotta. Non ha senso in un tempo in cui i genitori non puniscono più il figlio che è stato bocciato, ma impugnano la bocciatura al Tar. In cauda venenum. La scienza ha stabilito ciò che era chiaro a ogni persona di buon senso: gli apparecchi riceventi di telefonate, social, giochi e quant’altro sono stati la causa principale di tutti i mali che affliggono ragazzi e giovani d’oggi, dal suicidio all’omicidio alle formazioni di bande. Oggi non si gioca più a nascondino, a bocce o a mazza e pivuze, ma solo a videogiochi pieni di morte. Non ci si riunisce più per giocare o studiare, ma per partecipare ad assurde competizioni che sfociano in autoimpiccagioni o salti della finestra. Il male è così diffuso che lo spazio non basta. Dovremo parlarne ancora.