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La mobilità ai tempi di Giggino, atto terzo

Opinionista: 

Cari amici lettori, è venuto ormai il tempo di concludere con questo terzo capitolo il discorso sulla mobilità, divenuta per gli sventurati cittadini napoletani, grazie agli innumerevoli flop giggineschi, un mito paragonabile al regno di Saturno, l’età dell’oro rimpianta dai poeti di cultura greco-romana. La terza piaga della circolazione veicolare a Napoli sono i semafori. Una piaga annosa, in verità; ma, come tutti gli altri inconvenienti quotidiani che inducono i malcapitati utenti della strada a maledire gli amministratori cittadini, lo scassa tutto dalla bandana arancione ha perpetuato e incancrenito. Sono anni, in verità, che io mi chiedo come sia possibile che non si trovi, in quella che fu una delle tre capitali del mondo, un tecnico capace di sincronizzare i semafori. Nelle altre città accade, ovviamente, di imbattersi in un semaforo rosso; l’attesa (peraltro più breve che da noi) consente, però, di trovare a tutti gli incroci successivi quel benedetto verde che evita mostruosi ingorghi; quegli ingorghi che, qui da noi, naturalmente si creano anche quando nessun corteo di protesta contribuisca a imbestialire conducenti e passeggeri. Ci sono, poi, i semafori posti agli attraversamenti pedonali; sono stati previsti, ovviamente, per i turisti, poiché i pedoni napoletani, di regola, attraversano la strada in qualsiasi punto ove non siano dipinte sulla carreggiata le apposite strisce. Molti semafori pedonali sono muniti degli appositi tasti di richiesta, regolarmente fuori uso, sicché il rosso scatta anche quando non vi sia traccia alcuna di pedoni, ancorché non intenzionati ad attraversare. Rarissimo, invero, è il ricorso al giallo lampeggiante, di tal che lunghe e ripetute sono le attese del tutto irragionevoli che innervosiscono i conducenti, ad esempio, sul lungomare di via Caracciolo all’una del mattino nelle fredde e piovose notti d’inverno. Astutissima, poi, risulta la tecnica di non far coincidere gli attraversamenti pedonali (o ciclabili) con gli incroci stradali; non sarebbe stato possibile, altrimenti, collocare due semafori in rapida successione come, accade, ad esempio, prima di imboccare il tunnel di Fuorigrotta. A proposito di quel tunnel, amena e ingegnosa è stata la trovata d’intrecciare pista e carreggiata, rendendo necessari due attraversamenti; c’era proprio bisogno, per complicare un altro po’ il traffico, di sistemare la pista, con relativo muretto divisorio, sul lato destro? Il top, il record da Guinness della stupidità, è, tuttavia, all’imbocco da Via Acton del tunnel della Vittoria: i semafori in rapida successione, ovviamente non sincronizzati, sono addirittura tre! Qualcuno (non certo gli assessori alla mobilità che si sono succeduti nella giunta gigginesca) saprebbe spiegarmi perché le auto provenienti da oriente nell’unica strada di collegamento con l’occidente non possono fermarsi una sola volta all’ultimo attraversamento pedonale e debbono, invece, attendere il verde per percorrere altri dieci metri e fermarsi di nuovo? Dove poi un semaforo sarebbe necessario, come all’incrocio tra corso Vittorio Emanuele e via Tasso, non ce n’è traccia, come nessuna traccia di vigili. Chiudiamo l’argomento semafori, per non infierire troppo, e passiamo alla lotta alla camorra. Tutti sappiamo che il sindaco, a chiacchiere, ha “dichiarato guerra”. «Napoli» – egli assume – «sta vivendo una stagione di riscatto culturale e sociale e di risveglio civile senza precedenti». Vuoi vedere che sogna di vivere nel XVIII secolo, sotto il regno di Carlo III? «La camorra e il crimine» – sempre a suo dire – «non dominano la città ». Giggi’, ma che cacchio m’accucchi? Nun ‘o ssaje ca ‘e guardiamàchine abbusive tèneno ‘e puóste assignate d’a camórra? ‘E gguardie municipale ch’e ttiéne a ffà’? Abbiamo letto sui media che nell’era gigginesca gli abusivi sono diventati più aggressivi e che, a volte, nei loro comportamenti aggressivi e addirittura estorsivi, sono protetti da qualche vigile; ma, in ogni caso, la polizia urbana non ha in alcun modo provato ad arginare lo scandaloso fenomeno. Giggi’, ma cómm’a faje sta guèrra? Anche con i posteggiatori abusivi si toglie spazio ai cittadini e si peggiora la mobilità. Quanto alla mobilità pedonale, che dire dell’occupazione di suolo pubblico ad opera degli extracomunitari di colore? Anche costoro sono muniti dalla camorra della licenza di vendita ambulante e dalla camorra riforniti di merce. Essi occupano ormai tutte le strade principali della città e, grazie a Giggino, sono ormai padroni assoluti dei marciapiedi sul “lungomare libberato”; vigili in auto e a piedi sono spesso tra i lenzuoli stesi a terra, ma nulla obiettano, evidentemente per ordini superiori. Per concludere con il traffico pedonale, un cenno a parte merita via Chiaia che, incredibilmente, era meno brutta quando ci passavano le macchine. La pavimentazione, sconnessa come tutte le opere recenti, è la caricatura di un mosaico, stante il mixage tra vàsoli, cazzimpòcchi e lastre di pietra etnea; l’arredo urbano forma labirinti di difficile attraversamento e, naturalmente i lenzuoli degli extracomunitari fanno il resto. Ai tempi di Carlo III e Ferdinando II, caro Giggino, non era così: i sovrani di casa Borbone favorirono davvero la mobilità, aprendo fra le altre via Foria, ancor oggi la più larga strada di Napoli, la via Nuova Capodimonte e il Corso Maria Sofia (oggi indegnamente intitolato a Vittorio Emanuele), che resta, nonostante tutto, la strada più lunga e panoramica. I napoletani non potranno mai dimenticare quei grandissimi regnanti; sperano, invece, di dimenticare presto gli anni troppo lunghi della tua amministrazione.