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L’emergenza rifiuti e la politica inerme

Opinionista: 

Su d’un punto c’è un pressoché totale accordo tra gli studiosi della politica: che essendo essa il principale strumento attraverso cui le società fanno sintesi tra i loro interessi, allo stesso tempo deve procurarne la conservazione. E per conservare indenni gli interessi umani, che sono mutevoli ed in evoluzione, la politica deve creare forme sempre nuove per la soluzione dei problemi e dei temi critici che si presentano nel quotidiano, come nella lunga durata. Dunque, la politica, allocando sagacemente le risorse che le comunità le pongono a disposizione, deve affrontare e risolvere quel che bisogna affrontare e risolvere per il benessere collettivo. Deve conservare gli interessi comuni, innovando progressivamente. È dunque un pessimo segno per una comunità, quando i problemi che le si presentano nel tempo sono sempre, inesorabilmente i medesimi. Significa che la politica non ha agito o, meglio, non ha agito nella direzione corretta ma ha girovagato, mistificato, creato soltanto illusioni, quando pur v’è riuscita. Orbene, nessuno pensa che le criticità della nostra città siano d’agevole definizione; per carità, tutt’altro, anche perché la nostra è una comunità profondamente diseducata alle regole del vivere civile – ed anche in ciò si predica di politica – con la conseguenza che qualsiasi misura venga adottata non può far conto sulla fattiva collaborazione dei cittadini: i quali, per parte significativa motivati da un misto di disincanto, cinismo, ignoranza della buona condotta, egoismo opportunistico, in sostanza da mancanza di cultura civile, non solo non s’attivano per potenziare le iniziative delle istituzioni quando ci sono, ma piuttosto resistono alacremente al mutamento e fanno in modo da snervare molte delle opportunità presenti. Pur detto questo, è evidente il fallimento complessivo nel quale da decenni ci si dibatte. Oggi, a farla da protagonista sono i rifiuti. Ma si potrebbe parlare senza difficoltà alcuna – in termini non meno deprimenti – della condizione delle vie pubbliche, dei trasporti, dei cantieri divenuti ormai elemento stabile dell’arredo urbano, aperti come sono taluni da oltre un quarto di secolo. E si potrebbe parlare dello spadroneggiare delle bande, con in man lo scettro d’interi quartieri della città, tra gli urbanisticamente più affascinanti e con ben diverse potenzialità di vita. E si potrebbe parlare dell’arredo urbano – quello vero – in condizioni pietose, quanto a verde, illuminazione, attrezzature per bambini ed anziani, e via dicendo con ospedali, scuole pubblici uffici. Ma torniamo ai rifiuti. È ormai oltre un ventennio che si è in emergenza; il livello dell’igiene pubblica è molto basso, con periodici picchi drammatici e la stabile presenza di discariche improprie in molti luoghi del territorio cittadino. Ancora oggi, tutto quel che si è riusciti a fare è l’organizzazione più o meno efficiente del costosissimo trasporto all’estero del nostro pattume, dove viene trasformato in energia ed altri redditizi impieghi. Anzi, da qualche tempo rischiamo anche più drammatiche crisi, perché in barba alla favoleggiata differenziata, il contenuto dei nostri rifiuti è di tal bassa qualità, che non si presta nemmeno ad essere incenerito secondo le avanzate tecnologie oggi in uso. E dunque, costante è l’emergenza, non solo estetica, ovviamente, ma anche sanitaria. Nell’emergenza, lo sanno anche i gonzi, a sguazzare è la criminalità, quella realtà che vive nello spazio grigio tra l’imprenditoria di copertura e le associazioni delinquenziali organizzate. Cosicché, oltre a non risolversi l’emergenza cronica – è bastata la chiusura ampiamente programmata dell’impianto di Acerra, perché si disseminasse il panico – si crea anche un bel circolo vizioso, grazie al quale le imponenti risorse pubbliche, stanziate per fare fronte ad un’organizzazione che tale non è, rischiano di confluire copiosamente a finanziare la criminalità, ingrassandola ed ingrossandola. Nessuno, dicevo, pensa che i problemi si risolvano agevolmente; ma si risolvono. Bene o male, non c’è nulla che sia più prevedibile della gestione dei rifiuti, ben noti per quantità, tempi, modalità di smaltimento; ed anche le ipoteche del passato possono affrontarsi. Non è possibile che in un quarto di secolo non si sia trovato il modo d’attrezzarci decentemente sulla questione e che ancora oggi s’assista a manifestazioni – ben giustificate, dato il contesto – d’opposizione e protesta contro i tentativi dell’autorità di trovare luoghi e modi per lo smaltimento, non diversamente da quanto accadeva ai tempi del secondo governo Berlusconi. Non è possibile, ritengo, che in tanto tempo e con tanti amministratori e legislatori all’opera, non si sia riusciti a dare un assetto alla materia e si annaspi anche in quell’altro processo, lo smaltimento delle balle impilate da decenni, quando nemmeno era in funzione il termovalorizzatore di Acerra. O, meglio, è possibile, quando la politica non svolge responsabilmente i propri compiti, magari passando buona parte del proprio tempo ad alimentare se stessa e le ambizioni del suo personale. Ed il più grave di tutto – perché ha profondamente distorto il nostro giudizio – è che questo perdurante disastro, ce lo fa apparire ineluttabile. Ma ineluttabile non è affatto.