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Lo strano destino delle opere prime

Opinionista: 

Strano destino. Il silenzio, la solitudine della memoria perduta accomuna alcuni scrittori considerati, forse troppo in fretta, grandi protagonisti del tempo moderno. Si disperdono all'improvviso in meccanismi oscuri, nelle trame commerciali delle loro case editrici, abbandonati al bivacco umido ed aleatorio nelle notti della loro ossessione ispiratrice, imprigionati nel proprio successo, sono incapaci di affrontare il "moloch" tremendo della pagina bianca. Non sembra un caso, ma ad accomunarli in questa metamorfosi involutiva c'è la vittoria di un premio letterario. Queste considerazioni spicciole ma intriganti ci suggeriscono qualche commento sull'imprevedibilità della nostra esistenza, dettato da due eventi combinanti in modo casuale. Il primo, la riscoperta post mortem di un successo mancato, quello di "Malacqua" del nostro Nicola Pugliese, definibile un'opera prima; il secondo, la scomparsa del regista Vittorio Taviani che col fratello Paolo diede il successo cinematografico a Gavino Ledda, autore di "Padre Padrone", altra opera prima, premio Viareggio. Chi ha letto quel mattone intellettualoide "Horcynus Orca" di Stefano D'Arrigo, destinato alla pubblicazione da Mondadori, già anni prima del completamento dell'opera - un premio letterario in pectore - o ricorda "Paese d'ombre" di Giuseppe Dessì, premio Strega? E se non fosse per la sontuosa trasposizione cinematografica di Visconti, oggi, quanti affermerebbero di aver letto "Il Gattopardo", premio Strega, di Tomasi di Lampedusa? Fermiamoci a questi esempi di "casi letterari", perchè ci preme comprendere il rapporto fra scrittore e il mutabile universo dei lettori, spesso spinti da mode pseudoculturali, curiosità o influssi ideologici e politici. Non c'è dubbio che se non intervenissero ingombranti "opinion makers" o "persuasori occulti" camuffati da profeti mediatici della parola, esperti di questo o di quello, l'approccio alla lettura di determinati autori sarebbe diverso, quanto meno frutto dell'humus culturale ed habitat formativo di ognuno. Gli scrittori, in genere, a parte coloro che "producono" prefigurando già le loro storie come futura sceneggiatura per un film, non amano la notorietà mediatica. Sono schivi, refrattari al contatto, non per perpetuare il mito dello scrittore "torvo e maledetto", ma perchè sperimentano su se stessi quanto sia impervio e doloroso il personale talento dello scrivere. Bisogna vivere in un eremitaggio mentale continuo per divenire veramente universali. È una verità immutabile che connota oltre un'attività artistica, anche qualsiasi "impegno" al di fuori della "normalità" che le biografie dei grandi, fra scrittori, artisti, pensatori, santi o innovatori, ci rimandano puntualmente. Spesso, le opere prime avevano la qualità per aprire la strada all'universalità, ma molte, nel tempo, hanno tradito il loro inventore o ne hanno messo a nudo la vulnerabilità psichica. Così, mentre oggi plaudiamo la rivalutazione di Pugliese, dei suoi 4 giorni di pioggia in attesa di un accadimento straordinario, come le 4 giornate di Napoli del 1943 in attesa della Liberazione, cerchiamo di capire e ci domandiamo quale memoria attende "L'insostenibile leggerezza dell'essere" di Kundera o come sia potuto divenire un bestseller mondiale "L'uomo ad una dimensione" di Herbert Marcuse, al tempo del mio '68. Intanto proliferano siti di case editrici sul web, che attirano chiunque sappia mettere in fila una frase completa, stuzzicandone la vanità ad autopubblicarsi, dietro un minimo compenso pecuniario, o scuole a pagamento come la Holden, che più che a scrivere, insegnano come farti conoscere. Ne sa qualcosa Paolo Giordano, altro premio Strega. Secondo un'indagine statistica, deve il 70% del successo commerciale del suo romanzo, al titolo imposto dalla agente editoriale, ed alla foto scelta per la copertina. Forse è questa la solitudine... delle opere prime.