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L’operazione fiducia di Draghi per ripartire

Opinionista: 

Operazione fiducia. Prima Ignazio Visco, poi Mario Draghi. Due discorsi, quelli del governatore di Bankitalia e del presidente del Consiglio, uniti da un’unica missione: ricostruire la fiducia. È su questo asset indispensabile che l’Italia è chiamata a fondare la sua ripartenza. Ora che i vaccini anti-Covid stanno facendo il loro lavoro in ambito sanitario, infatti, tocca al Governo mettere in campo il vaccino economico che serve alla Nazione per affrontare i temibili tempi che l’attendono. Il nuovo allarme giunto dall’Europa sull’Italia non aggiunge né toglie nulla sotto il sole delle cose già note. Anche per questo Draghi ha preferito non replicare alla sottolineatura giunta da Bruxelles: alto debito pubblico, bassa produttività, crediti deteriorati delle banche ancora elevati e necessità di una riforma fiscale da fare al più presto sono tutti aspetti che al premier sono ampiamente conosciuti, e non certo dai tempi del Covid. Piuttosto, la risposta dell’ex governatore della Bce corre lungo tre assi chiari: tempi rigorosi; un’operazione fiducia messa in campo per sostenere le imprese, molte delle quali non ancora del tutto convinte che la fase peggiore della pandemia sia davvero finita; una profonda riforma dell’architettura del sistema. Con il decreto approvato ieri, quello che fissa modalità e tempi per l’assunzione di professionisti ad hoc per i progetti da finanziare con i fondi Ue, Palazzo Chigi ha messo a punto le prime “tre gambe” del Recovery Plan. Semplificazioni, governance e reclutamento nella Pa sono le precondizioni necessarie per consentire all’Italia di avviare l’attuazione del piano per la ricostruzione post pandemia, quando - si spera da luglio - inizieranno ad arrivare le prime risorse europee. Il tutto è stato fatto in poche settimane e non era scontato. Qualcosa che col Governo Conte 2 ci saremmo semplicemente sognati: con il leader fortissimo di tutti i progressisti ancora a Palazzo Chigi chissà dove saremmo ora. Un primo risultato è già stato raggiunto: la nostra industria ha fatto progressi importanti, testimoniati dai dati Istat e non solo, mentre con la totale riapertura delle attività, ormai prossima in tutta Italia, anche il terziario potrà ripartire. Unire la ripresa di turismo, ristorazione e intrattenimento collettivo a quella già consolidata nei settori manifatturiero e delle costruzioni, non potrà che provocare un’ulteriore miglioramento delle aspettative. Tradotto in comportamenti concreti, questo vuol dire per gli imprenditori ricostituire scorte e fare investimenti e per le famiglie mettersi alle spalle la stagione dell’aumento precauzionale dei risparmi e ricominciare a spendere. Attenzione però: l’ottimismo sulla ripresa non deve farci dimenticare che dobbiamo ancora recuperare moltissimi posti di lavoro andati perduti a causa della crisi o che rischiano di non esserci più con la fine del blocco dei licenziamenti e della Cig. Purtroppo non sarà facile farlo, considerando le rigidità del nostro mercato del lavoro. Certamente la strada è ancora lunga e i problemi da affrontare sono tanti e pericolosi. Ma per la prima volta dall’inizio della pandemia la famosa luce in fondo al tunnel si vede per davvero. Quando sul tavolo ci saranno i cambiamenti più delicati, il clima si farà più complicato. Sulla riforma della concorrenza (la prima che il premier ha dichiarato di voler affrontare), su quella della giustizia e sul fisco trovare l’equilibrio nella maggioranza non sarà facile. Serviranno, come Draghi ha più volte ripetuto, responsabilità e unità. Mai come stavolta, però, sono gli stessi partiti ad essere consapevoli che se lo sforzo andrà a buon fine i primi a beneficiarne saranno loro. Dunque a nessuno conviene fare colpi di testa. Almeno per ora.