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Ma Ciampi non fu solo un grande europeista

Opinionista: 

E così un’altra fetta della nostra storia se ne va, si chiude un altro sentiero della nostra comunità e della nostra identità. Adesso, e tanto giustamente, tutti si affannano a tessere elogi e a ripercorrere le tappe di una vita tutta quanta spesa al servizio della patria, delle sue istituzioni repubblicane e democratiche nate a nuova vita dopo la triste esperienza della dittatura fascista. Chissà se tra qualche anno vi sarà ancora qualcuno, oltre agli storici dell’Italia contemporanea, a ricordare il nome e l’azione di Carlo Azeglio Ciampi, ma ci spero poco, visto il tasso di ignoranza che caratterizza il personale politico in circolazione. Eppure Ciampi fu colui che grazie al suo infaticabile impegno, prima come governatore della Banca d’Italia, poi come ministro del tesoro e presidente del consiglio nel 1993, infine come Presidente della Repubblica tra il 1999 e il 2006, ha traghettato l’Italia nell’Euro lungo un percorso irto di difficoltà e accompagnato dalla diffidenza e dall’opposizione degli altri grandi Stati europei. Un grande europeista, come era d’altronde nella cultura e nello spirito di quel Partito D’Azione, troppo presto scomparso e fagocitato dai partiti di sinistra e da quelli laici, che lo aveva visto militante negli anni della Resistenza e durante il dopoguerra. Qualcuno non ha potuto fare a meno di osservare che Ciampi è morto lo stesso giorno in cui Renzi ha giustamente criticato le posizioni di Merkel e Hollande al vertice di Bratislava, aprendo una crisi seria sui vincoli di bilancio e la questione dei migranti e mettendo allo scoperto la fragilità delle buone intenzioni dell’incontro di Ventotene. Forse tutto dipende dal fatto che alla dura e giusta battaglia condotta da Ciampi per l’ingresso nell’Euro non ha fatto seguito – e certo non per colpa del solo Ciampi – una altrettanto e ineludibile battaglia, pena l’aggravarsi della crisi europea, per l’unione politica, militare, economica, doganale, culturale. Ma mi piace ritornare a Ciampi e ricordarne un aspetto, oggi forse dimenticato e relegato nell’oblio coatto a cui ci costringe la dittatura del presentismo e la dissolvenza del passato e dei suoi valori: l’insistenza con cui, durante il suo settennato ha richiamato, negli atti e nelle parole, gli ideali della libertà dei cittadini dentro una Patria unita e democratica, lungo quel percorso - che egli volle porre al centro delle sue riflessioni ed esternazioni – di continuità che lega il Risorgimento alla Resistenza, alla nascita della Repubblica e, infine, alla redazione e approvazione della Carta Costituzionale. Ma Ciampi non fu solo il grande italiano che guarda all’Europa e un eccezionale padre della patria, ma anche un protagonista della politica economica nel nostro paese, grazie anche alla sua lungimiranza e intelligenza nel rapporto coi sindacati (ne fa testo l’intesa col sindacato di Trentin) e nella difesa del pluralismo dell’informazione contro l’invadenza del monopolio televisivo di Berlusconi. Voglio, in conclusione, riportare un brano del discorso che Ciampi tenne a Cefalonia nel marzo del 2001 per celebrare i morti della divisione Aqui trucidati dai nazisti perché non vollero arrendersi e cedere le armi. “Ai giovani oggi, educati nello spirito di libertà e di concordia fra le nazioni europee, eventi come quelli che commemoriamo sembrano appartenere a un passato remoto, difficilmente comprensibile. Possa rimanere vivo, nel loro animo, il ricordo dei loro padri che diedero la vita perché rinascesse l’Italia, perché nascesse un’Europa di libertà e di pace”.